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Vittorio Feltri, il ricordo: "Quando ho giocato a calcio con Gianni Rivera"

di Vittorio Feltri martedì 20 giugno 2023

3' di lettura

Gianni Rivera stando alle ultime notizie intende rientrare nel calcio. Ovviamente non come atleta visto che viaggia spedito verso gli ottanta anni, quanti ne ho io e lavoro ancora ma stando seduto alla scrivania dove si suda meno che in campo. L’ex grandissimo calciatore rossonero ha manifestato il desiderio di guidare una squadra di serie A o B, dipende dalle opportunità di mercato, e magari pure di allenarla dato che possiede le carte in regola per poterlo fare legalmente. L’eventuale ritorno di Rivera nello sport mi riempirebbe il cuore di gioia perché sono sempre stato suo ammiratore e, per un tratto di vita, anche suo amico.

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Vi racconto una storia che parte dall’antichità. Era il 1964 e dovetti partire militare senza averne voglia. Fui destinato al Car degli atleti di Orvieto perché ero tesserato della Federazione della scherma. Scoprii subito che in caserma ero l’unico tiratore di fioretto cosicché non potei mai allenarmi per mancanza di un avversario. Mi misero a dormire in una camerata di calciatori, il mio vicino di branda era Rivera. Immaginavo che questi si desse un sacco di arie, però mi sbagliavo. Era mite e generoso, non si vantava come avrebbe potuto. Stringemmo amicizia, un classico fra commilitoni. Alle sera, verso le 18, i calciatori allo scopo di tenersi in forma organizzavano col permesso degli ufficiali partitelle di calcio. Non sempre si riusciva a raccattare 22 giocatori, cosicché Rivera talvolta mi invitava a schierarmi al suo fianco, ignorando la mia inettitudine a trattare il pallone. Io per giocare giocavo, ma facevo ridere. Ciononostante Gianni mi teneva vicino a sé e mi faceva degli assist come solo lui sapeva scodellare. Segnai anche un paio di gol che non avrebbe sbagliato neppure mia nonna. Alla fine della leva io tornai a fare lo scribacchino e lui ricominciò alla grande a fare il fuoriclasse.

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Non appena appese le scarpe bullonate al chiodo, il numero uno della pelota si gettò in politica. Don Perignon, un prete fantastico vicino a Rivera e mio conoscente, mi chiese di aiutare Gianni nella campagna elettorale che egli affrontava nelle liste della Dc, e naturalmente, poiché lavoravo al Corriere della Sera, mi prestai con entusiasmo. Il campione ormai a riposo segnò anche in politica e divenne onorevole. Insomma, fece carriera. Io non lo incontrai più personalmente. Una decina di anni fa egli pubblicò un libro delle sue memorie e fu invitato a Domenica in, programma Tv guidato dalla Venier. La quale mi intervistò sull’autore sapendo che era stato mio commilitone. Raccontai la verità dicendo tutto il bene possibile di Rivera, precisando che era dolcissimo, infatti offriva cene a tutta la camerata. Quando la parola toccò a lui, ebbi l’impressione, anzi, la certezza che egli fosse commosso. Qualche tempo dopo in un libro di interviste scritto da Alessia Ardesi, c’era un capitolo dedicato al capitano a riposo del Milan, il quale a un certo punto mi menziona, dicendo che nel gioco del calcio ero bravo. Cosa non vera. Ero una schiappa. Ma a volte una bugia fa bene all’anima. Sono sicuro che questo uomo che incantava il pubblico di ogni stadio riuscirà anche nel ruolo di dirigente e di allenatore ad essere all’altezza della sua fama immortale.

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