La lista dei clienti (pure importanti) è lunga. Quella del personale meno. O meglio: «Ce la facciamo lo stesso, però lavoreremo meglio con cinque o se persone in più», dice Arrigo Cipriani, il patron dell’Harry’s bar di Venezia. Solo che a trovarli, ‘sti benedetti impiegati. Nello specifico, ‘sti benedetti contabili (sia senior che junior), camerieri, pasticceri, factotum e autisti con la patente di barca (questi ultimi, tra l’altro, una mosca bianca che se ne vedi uno non te lo fai scappare manco per sbaglio). Ce ne sono no. Colpa di un mercato del lavoro che col Covid, è storia vecchia, si è ribaltato perché si sono ribaltate le nostre priorità: oramai non c’è più la corsa al posto (fisso o meno), c’è la corsa alla comodità. A un impiego che non ti mangi troppo tempo, che ti lasci i fine settimana liberi, che ti faccia fare le vacanze quando vuoi tu. E allora finisce - continua Cipriani, che di anni ne ha 91 ed è uno abituato a rimboccarsi le maniche da sempre - che la nostra non è più una repubblica fondata sul lavoro, come scritto nella Costituzione. No: «Ora è fondata sulle ferie».
NIENTE FATICA - Ti scappa un sorriso a sentirlo dire, tuttavia è un riso amaro: «Il lavoro è fatica, magari non nel cento per cento dei casi, ma nel cinquanta sì», spiega ancora Cipriani sulle pagine del quotidiano locale Il Gazzettino, «nessuno pensa più che possa essere la variabile per costruirsi una vita, non c’è più quella visione. È davvero difficile trovare, nel nostro mestiere, persone qualificate. Specie quando richiedi il servizio la domenica». E pazienza se lì, in quel locale tutto parquet e tavolini in legno a San Marco, in quel bar che non è un semplice bar, semmai è “il bar” per eccellenza, inaugurato il 13 maggio del 1931 e da allora mai chiuso, sono passati un po’ tutti. Sono passati gli scrittori americani Truman Capote ed Ernest Hemingway, l’attore Gary Cooper, il campione di baseball Joe di Maggio, il regista Orson Welles, l’italianissimo compositore Gian Carlo Menotti. Niente. Quella è storia. Oggi si fatica a far firmare un contratto pure in uno dei locali più famosi d’Europa.
Una piccola consolazione (che suona persino come una beffa, quantomeno come un paradosso) è che, di contro, nei primi tre mesi del 2023 mezzo milione di italiani l’ha trovata, l’assunzione post-pandemia. Un dato in rialzo (lo certifica l’Istat, l’Istituto nazionale di statistica) del 2,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e che ha anche abbassato di 0,5 punti su base annua il tasso di disoccupazione, il quale adesso è fisso all’8%, e ha fatto lievitare il conteggio delle ore lavorate del 3,3%. Son numeri, e neanche tanto negativi. Però ci sono meno di due milioni di persone in cerca di un impiego e poi ci sono loro. Gli imprenditori come Cipriani risucchiati nel vortice dei colloqui, dei curriculum, delle domande (che non arrivano). Lo sanno bene all’Harry’s bar, ma lo sanno bene anche i gestori di un nuovo bar di Padova che doveva aprire i battenti adesso e invece è costretto a rinviare l’apertura a settembre perché dietro al bancone non c’è nessuno.
FIGURE PROFESSIONALI - È giusto un esempio, di annunci (semi-disperati) del genere sono piene le bacheche di internet e il passaparola di quartiere. Di qualsiasi quartiere in qualsiasi città. Da Nord a Sud, senza differenze. A Treviso, ad aprile, qualcuno s’è addirittura inventato il cameriere robot per supplire a una carenza che è diventata generalizzata come poche altre. È che un barman lavora quando gli altri staccano, magari nelle feste, magari nei giorni di ferie, magari la sera tardi. «È difficile trovare le figure professionali che servono, la sera si vuole sempre essere liberi», chiosa Cipriani. E se da un certo punto di vista va bene così (il lavoro non è sfruttamento, proprio per questo viene pagato e dovrebbe essere pagato sempre in maniera adeguata), dall’altro s’innesca un cortocircuito per cui pare non ci sia soluzione. Nonostante gli sforzi pubblici fatti per ridurre la percentuale di disoccupati.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.