Tesla Model S
Prima o poi, per tutti i percorsi di cambiamento intrapresi, in parte, con il propulsore dell’ideologia arriva l’appuntamento con la realtà. E accade che certi quadretti, costruiti con buone dosi di demagogia e di retorica, finiscano per sgretolarsi. Prendiamo l’elettrico, sogno di quella famiglia politica europea di scuola neosocialista, scrigno in cui si racchiude un certo moralismo ambientale, per non parlare di un’estetica ben veicolata anche grazie all’esuberanza mediatica di certi personaggi.
ELON MUSK
Se hai l’auto elettrica, per dire, sei “cool” perché fa molto Elon Musk, abbraccio al mondo moderno, il piacere alla gente che piace. Alt. Perché, appunto, le suggestioni internettiane sono attrattive, ma poi a comandare sono le tasche, e magari anche la praticità delle circostanze.Giunge propizia, per dimostrare tutto questo, una ricerca elaborata da VZR in Olanda, che dà un risultato alquanto significativo: in quel Paese le auto elettriche non sembrano troppo amate dai consumatori. E tutto ciò stride ancor di più con la cultura che le società del Nord Europa hanno costruito e contribuito a diffondere, basata su una profonda sensibilità green.I numeri, ribaltano la favola: tra quelli che oggi dispongono di un’auto elettrica, appena il 43%, qualora dovessero cambiarla, sceglierebbero di nuovo un mezzo dello stesso tipo. Il 57%, invece, virerebbe su un’altra tipologia di automobile. In questa quota, rileva che il 25% opterebbe per un ibrido. Il 24%, invece, si orienterebbe su un mezzo a benzina, mentre l’8% su un veicolo diesel.
Vale la pena, poi, andare ad approfondire le cause di tutto questo: da un versante il portafoglio, dall’altro i risvolti concreti. Nel caso olandese assume importanza la prospettiva della eliminazione graduale, fino al 2026, dei benefici fiscali per l’acquisto di un veicolo elettrico, che come noto comporta un significativo impegno economico. Poi c’è una questione relativa alla durata di ogni carica delle batterie che creerebbe una sorta di apprensione nel guidatore. Le apposite colonnine, per quanto la loro diffusione sia in crescita, evidentemente sono considerate ancora insufficienti. Vogliamo mettere con la “tranquillità” derivante da un generoso “pieno” di benzina? Ovviamente, legato a questo c’è il tempo necessario per ricaricare, parliamo di circa quattro ore, che spinge a preferire, ancora, il buon vecchio conferimento di carburante, che fa impiegare pochissimi minuti. Quindi questa nuova “abitudine” di guida e gestione del mezzo fatica a prendere piede.
IN ITALIA
Anche in Italia la situazione è assai complessa. Lo suggerisce una ricerca di “Motus-E”, un’associazione in cui si ritrovano operatori industriali, realtà della filiera automotive, esponenti del mondo accademico per sensibilizzare alla svolta verso la mobilità elettrica. Secondo questa indagine pubblicata all’inizio di questo mese, nei primi sei mesi di quest’anno la quota di mercato delle auto elettriche si attesta sul 3,9%. Secondo uno studio di Autoelettrica101, invece, inoltre, saremmo molto al di sotto della media europea, che si colloca sul 12,1%, e ci collocheremmo a livello di Bulgaria ed Estonia, che hanno delle percentuali di pochissimo inferiori alle nostre.
E questo si può incardinare benissimo con i numeri forniti la scorsa settimana dall’Unem di cui Libero ha dato conto. Secondo queste cifre, il petrolio resterà la prima fonte di energia fino a circa il 2030-2035, e sarà superato dalle rinnovabili soltanto nel 2040. Inoltre, i carburanti “liquidi di origine petrolifera” ancora al 2040 soddisferanno circa l’85%-90% della domanda dei trasporti. Segno che il racconto di una transizione non coincide quasi mai con la sua applicazione pratica. E se si compiono forzature, si rischia di creare conseguenze materiali molto pesanti nella vita economica e quotidiana dei cittadini.