Gianni Alemanno
Bisognerà aspettare ottobre per sapere se Gianni Alemanno fonderà un nuovo partito. Per ora l’ex ministro dell’Agricoltura ed ex sindaco di Roma, già uomo forte di An, non più iscritto a Fratelli d’Italia dal 2014, si sta muovendo per allargare il perimetro del suo comitato “Fermare la guerra”, che già dal nome spiega quale debba essere, secondo lui, la posizione dell’Italia sul conflitto in Ucraina: l’opposto della linea pro-Kiev adottata dal nostro esecutivo e ribadita dal premier Meloni nel suo viaggio a Washington. Alemanno da mesi va dicendo che «l’appiattimento dell’Italia sulla linea oltranzista a favore dell’invio di armi è incomprensibile», ma non ci sta a farsi chiamare pacifista, preferisce «anti-imperialista»; per questo si è messo alla ricerca di tutti coloro che hanno lo stesso approccio «non allineato al draghismo di Palazzo Chigi», non solo in tema di Ucraina, ma anche di Covid, economia e sociale. Da qui, il suo attivismo per compattare il fronte degli scettici di destra, con grillini delusi e leghisti a disagio, oltre a No vax e super cattolici: un “fritto misto” di cui si è avuto un assaggio ad Orvieto con il “Forum dell’Indipendenza italiana”, a luglio. Il bis dovrebbe tenersi a settembre ad Assisi, stavolta sotto la regia dell’ex senatore Simone Pillon della Lega. Se l’operazione dovesse funzionare e dare vita a un nuovo partitino, il primo banco di prova saranno le Europee, ma Alemanno, da esperto scalatore, sa che superare la soglia di sbarramento del 4% non è una passeggiata. Contattato da Libero prima di una arrampicata sul Gran Sasso, smentisce di volere creare una formazione a destra di Fratelli d’Italia: «Non voglio fare la destra della destra», spiega.
E allora cosa vuole fare?
«Voglio riunire tutti quelli del centrodestra, e non solo, che si aspettavano un cambiamento rispetto alle politiche di Mario Draghi e invece, dopo quasi un anno di governo Meloni, hanno visto che questo cambiamento non c’è. A Orvieto abbiamo riunito la destra sociale e molti “mondi del dissenso” per stilare un “manifesto” sul quale stiamo raccogliendo molte adesioni. Se in autunno il governo non cambierà linea, a ottobre creeremo un movimento politico che darà voce a tutto quello che, allo stato attuale, è stato cancellato da Fdi, cioè la destra sociale e la difesa della sovranità nazionale».
Vuole rifare la destra sociale?
«Attenzione: se faremo qualcosa non sarà la destra della destra, ma un movimento aperto a tutti coloro che si aspettano un vero cambiamento, quindi anche chi viene da sinistra, dal Movimento Cinquestelle e chi vorrà».
Quindi se questa creatura politica dovesse nascere non avrà nel simbolo e nel nome riferimenti alla destra sociale?
«Assolutamente no».
I suoi compagni di avventura sono no vax, ultra cattolici del Family day, pacifisti. Intende riposizionarsi sconfinando anche a sinistra?
«Spostarmi a sinistra no, per carità. Semmai il tema è chele categorie politiche destra e sinistra sono ormai superate. Bisogna parlare dei problemi sociali, che non hanno etichette».
Perché aspetta ottobre?
«Innanzitutto dobbiamo vedere se cambierà questa linea suicida del governo: mai visto un governo così schiacciato sulle posizioni atlantiche».
Ma lei si augura la Nato fuori dall’Italia e l’Italia fuori dalla Nato?
«No, non si tratta di uscire dall’alleanza atlantica, ma di prendere una posizione di pace. Io voglio che la Nato faccia quello che c’è scritto nel Trattato. La Nato è un’alleanza difensiva, non è il poliziotto del mondo».
Sa che sembra di sentire parlare Travaglio, Santoro e Marco Rizzo?
«Infatti con Travaglio abbiamo fatto un convegno insieme. Ma quando ci sono grandi temi che riguardano l’interesse nazionale, non devono esserci steccati, sono trasversali. Ho specificato che non vogliamo fare la destra della destra. Sulla guerra, poi, vediamo da una parte il Pd a braccetto con la Meloni, e dall’altra io e Conte che la pensiamo allo stesso modo».
E questo non le crea imbarazzo?
«Assolutamente no».
Avrà intuito, però, che Giorgia Meloni non intende retrocedere dalla linea atlantista.
«Ne sono convinto pure io, purtroppo. Ma siccome questo governo è pieno di amici e di persone che hanno avuto un percorso come il mio, la speranza è l’ultima a morire. Temo però che il premier andrà avanti con questa politica guerrafondaia perché c’è la convinzione che per contare, a livello internazionale, bisogna seguire gli Usa. Ma oggi la situazione mondiale è mutata e bisogna prenderne atto».
Di cosa bisogna prendere atto?
«Del fatto che siamo in un mondo multipolare, ci sono altri Paesi che stanno emergendo, penso ai Brics, pensiamo al mondo islamico e africano. Di fronte a questi nuovi poli che stanno emergendo, Giorgia ha scelto invece di blindarsi nella ridotta occidentale che vuole mantenere la centralità degli Stati Uniti. Pensa, probabilmente, che questo sia l’unico modo per essere considerata e non odiata dai mercati, ma secondo me il mondo è profondamente cambiato».
Gliene ha parlato direttamente?
«Non di recente. Ci siamo parlati quando è nato il comitato “Fermare la guerra” e abbiamo constatato che la vedevamo in maniera opposta. Anche sulla Via della Seta per me è sbagliato cancellare quell’accordo e non perché io sia un fan dei cinesi, ma perché dobbiamo cercare di avere rapporti con tutti e massimizzare i nostri interessi».
Chi sono i suoi interlocutori privilegiati nella maggioranza?
«Ce chi la pensa come me sulla guerra, ma in Fdi nessuno osa dirlo, nella Lega magari ogni tanto lo dicono. Ad esempio ho apprezzato alcuni ottimi interventi del capogruppo al Senato, Romeo. Il problema è che non hanno avuto seguito».
Questa vicinanza alla Lega fa ipotizzare una sua candidatura con Salvini alle Europee. È così?
«È una totale fantasia. Se faremo il movimento, vedremo se andare da soli, sfidando la soglia del 4%, o pensare a delle aggregazioni con altre realtà emergenti, altrimenti meglio stare alla finestra. Salvini, però, ha ragione sulla Le Pen: se vogliamo costruire un nuovo schieramento in Europa, che tenga fuori i socialisti, Marine Le Pen e quel mondo sono fondamentali per superare la maggioranza Ursula. Altrimenti si rischia di fare come in Italia dove si è mandato a casa il premier Draghi per poi continuare a fare l’agenda Draghi».
Vede questo rischio?
«Non vorrei che un’alleanza conservatori-popolari per mandare a casa la von der Leyen, diventi solo un modo per proseguire l’agenda Ursula. Poi la Le Pen ha una marea di consensi...».
Del vostro gruppo fanno parte tanti no vax. Siete negazionisti?
«Sono vaccinato ma sono per la commissione d’inchiesta sul Covid (peraltro lanciata da un esponente di Fdi, come Bignami) perché è giusto sapere cosa è accaduto durante la pandemia. Poi è curioso che il termine negazionista una volta veniva usato solo per chi negava la Shoah e invece adesso basta che chiunque sollevi un dubbio, dalla strage di Bologna, alla transizione green al Covid, per essere etichettato come negazionista».
Ha citato la Strage di Bologna ed è stato tra i primi a dare solidarietà a Marcello De Angelis. Ma è giusto essere revisionisti?
«C’è una strada maestra che dovrebbe interessare tutti: desecretare gli atti per conoscere la verità su tanti segreti di Stato che ancora non sono stati chiariti. Io chiedo che vengano desecretati quegli atti. È vero che ci sono state delle sentenze, ma hanno grandi buchi neri, condannano le persone come esecutori materiali ma non dicono chi sono stati i mandanti.
Vogliamo scoprire questa verità? Io non lo dico perché devo difendere tizio o caio, ma perché sono passati anni e ci sono piste ancora aperte, Bologna è una ferita troppo grande».
Il presidente del Senato La Russa ha parlato di matrice fascista. Come il capo dello Stato. Stupito?
«La Russa parlava da presidente del Senato, ex cathedra, dal seggio del Senato, non poteva fare diversamente. Ma Giorgia Meloni su Bologna ha parlato di “combattere il terrorismo”, senza sposare nessuna matrice, nonostante le polemiche sollevate dalla sinistra. Da presidente del Consiglio è già un atto di coraggio».
C’è un pericolo fascismo in Italia?
«Cerchiamo di non essere ridicoli».
Eppure, si insiste per togliere la fiamma dal simbolo di Fdi. Per lei?
«Il problema non è quello di togliere la Fiamma, il problema è quello di meritarsela e se Fdi continua così...».
Ha così il dente avvelenato con Fdi perché voleva essere candidato alla Regione Lazio e invece Giorgia Meloni ha preferito Rocca?
«Figuriamoci se volevo candidarmi alla Regione Lazio! Prima perché ho fatto il sindaco di Roma ed è stata bella pesante (Alemanno è stato coinvolto anche nell’inchiesta su Mafia Capitale, ma tutte le accuse sono state archiviate, ndr), secondo perché Francesco Rocca va benissimo».
Però lei fa il disturbatore del governo anche sulle politiche economiche: ha criticato l’abolizione del reddito di cittadinanza e la tassa sulle banche. Perché?
«Un vecchio slogan di Fdi diceva “Liberisti in economia, conservatori nei valori”. Ma questo innamoramento liberista della Meloni è sorprendente perché essere liberisti in economia significa sottomettersi al mercato globale e fare divorare ancora di più il nostro sistema produttivo dalle grandi multinazionali. Insomma, non è utile all’Italia perché dobbiamo difendere il ceto medio e le fasce popolari e soprattutto i consumi interni altrimenti diventeremmo un Paese di serie B. Dobbiamo frenare gli impulsi liberali, proteggere la nostra economia e aggiungo che serve una forte iniezione di keynesismo nella nostra economia. Detto questo, il reddito di cittadinanza era concepito male, un poltronismo. Va sostituito».
Le opposizioni sono state convocate a Chigi per il salario minimo. Almeno su questo è d’accordo?
«Sì. Meloni ha fatto bene a convocare le opposizioni e a cercare il dialogo. Sul salario minimo ha ragione Tajani a rilanciare la contrattazione collettiva. Però io credo che la strada maestra sia passare attraverso i tavoli con le parti sociali (anche attraverso il Cnel), non imponendo una legge calata dall’alto dal Parlamento».
Il suo partito, se nascerà, porterà via voti a Fdi o, al contrario, farà un grosso favore alla Meloni perché le toglierà di mezzo tanti “impresentabili” che verrebbero con lei?
«Ma quali impresentabili, sono solo persone che vogliono il cambiamento non la conservazione. Comunque in un certo senso può essere vero: noi e Fratelli d’Italia parliamo ad elettorati sempre più diversi»
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.