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Cristianesimo, Islam e l'utopia di Padre Dall'Oglio

di Gianluca Mazzini giovedì 17 agosto 2023

3' di lettura

Per capire davvero chi fosse padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita scomparso dieci anni fa in Siria, bisogna essere stati a Deir Mar Musa. Il monastero collocato nel bel mezzo di un deserto montuoso 80 chilometri a nord da Damasco arroccato a un’altitudine di 1350 metri nel nord del massiccio del Qalamoun. Intitolato a San Mosè l’Abissino questo complesso religioso era stato abbandonato nel XIX° secolo. Nel 1982, quasi per caso, Padre Paolo trovò i ruderi della Chiesa edificata nel lontano VI° secolo. Dopo alcune notti passate all’aperto decise di riedificare la Chiesa prima e il monastero poi. Qui diede vita alla comunità monastica “al-Khalil di Deir Mar Musa al-Habachi”. La particolarità di questo luogo non è legata alla quasi inaccessibilità (bisogna salire ben 400 scalini tra le rocce) ma perché quarant’anni fa Padre Paolo ne fece un luogo prediletto per il dialogo interreligioso tra Cristianesimo e Islam.

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Era consuetudine per i pellegrini che lo andavano a trovare vedere cristiani e musulmani pregare fianco a fianco facendo del monastero un simbolo di coesistenza che richiamava sempre più persone. Tutti gli ospiti ricevevano gratuitamente vitto e alloggio. Un’ospitalità semplice ma generosa. Il massimo della celebrità Mar Musa la raggiunse nel 2010 quando almeno trentamila visitatori raggiunsero il monastero. L’anno dopo iniziò la tragedia della Siria: le proteste antiregime, la repressione, l’espulsione di padre Dall’Oglio dal suo amato monastero e, infine, la scomparsa del gesuita nel 2013 presumibilmente a Raqqa, la “capitale” dello Stato Islamico (ISIS) dove pare di fosse recato clandestinamente per ottenere il rilascio di persone rapite o illegalmente detenute.

Nel 2015 lo stesso monastero era finito nel mirino dell’ISIS quando i jihadisti, che ormai spadroneggiavano nella regione, sequestrarono anche un altro sacerdote (padre Jacques Mourad) che riuscì però a scappare. Sconfitta l’ISIS dalle truppe regolari siriane supportate dall’esercito russo, nel 2020 è subentrata la pandemia che ha mantenuto isolata Mar Musa per altri tre anni. Grazie al miglioramento politico e quello sanitario il monastero adesso è stato riaperto. Raggiungere questo luogo di pace, sferzato dal sole e dal vento, ha un grande significato che va oltre al panorama mozzafiato o alla vista delle icone e pitture murarie considerate tra i più antichi affreschi dell’Oriente cristiano e risalenti all’XI e XII secolo.

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L’assenza di Padre Dall’Oglio oggi è anche presenza. Resta, infatti, un esempio della necessità del dialogo religioso tra Cristianesimo e Islam. Una missione alla quale ha dedicato tutta la sua vita. Quando ancora giovane studente di seminario si recò in Libano spiegò ai familiari: «Non vado a studiare l’arabo ma a farmi arabo». E da arabo aveva capito che le società mediorientali per evolversi dovevano avere uno sguardo religioso e riconoscere in ognuno la dignità dell’uomo amato da Dio. Cresciuto in quel Libano attraversato dalla guerra civile era diventato coraggioso ambasciatore della rivoluzione che sembrava destinata a cambiare la Siria, rivoluzione tradita da tutti e finita in mano ai terroristi islamici. L’idea di abuna Paolo di contrastare tanto i regimi tirannici che l’integralismo islamico così come l’islamofobia si è rivelata un’utopia che attende ancora di essere realizzata. 

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