Domani mattina a Trieste le femministe faranno una manifestazione filoislamica. Si getteranno in mare, per protesta, tutte vestite. Forse anche con le scarpe. Hanno invitato anche gli uomini a farlo. Forse anche con la cravatta. Il motivo di questa coraggiosa e singolare protesta è il fatto che altre donne, meno fantasiose di loro, nei giorni scorsi si sono infastidite perché al lido Redocin, e precisamente allo storico bagno Lanterna, alcune donne musulmane si erano gettate in acqua col Burkini. Cioè col loro abito religioso, integrale che protegge dalla vista del loro corpo evidentemente impuro, come impuri, per Maometto, sono tutti i corpi delle donne. Le bagnanti triestine si erano stupite e avevano protestato coi gestori del Lido. Senza sapere che in quel modo stavano violando clamorosamente tutte le regole del politically correct.
LA CONTROFFENSIVA
Le femministe, quando hanno saputo la cosa, si sono subito indignate, come a loro succede spesso, e rapidamente sono passate alla controffensiva. Indignate attenzione - non per il fatto che delle povere ragazze e donne arabe fossero costrette a fare il bagno di mare, scomodissime, con addosso una specie di burqa ridotto. Ma, al contrario, perché qualcuno aveva fatto loro notare la follia di questo comportamento.
La manifestazione antifascista delle femministe, annunciata sui social e anche dall’Ansa, è indetta «contro chi non tollera il burkini e contro le varie forme di razzismo». Avete capito bene? Già: criticare il fatto che delle poverette si debbano gettare in acqua vestite, e cioè subire una forma, seppure soft, di tortura, equivale ai comportamenti che aveva il Ku Klux Klan nell’ottocento, quando dava fuoco alle chiese battiste degli afroamericani. Razzismo, razzismo! E probabilmente è anche colpa del governo, e in special modo di Giorgia Meloni. Non stupirebbe sentire anche questa accusa.
Possibile che queste nostre femministe, che pure hanno studiato, hanno frequentato la politica, le università, i convegni, i master, non capiscano che le ragazze islamiche non si gettano al mare vestite per loro piacere, ma perché questa follia è imposta dai maschi, super patriarcali, che in questo modo, con sadismo e grettezza, affermano il loro potere, la loro capacità di comando, di umiliazione, il loro controllo e senso di proprietà sul corpo delle donne? Possibile che non capiscano che femminismo vero sarebbe strappare quei burkina e mandare a quel paese i maschi tiranni?
SUBALTERNITÀ
Giorni fa una ragazza di origini pakistane, 19 anni, che si chiamava Nayyab Shehzadi, è morta dopo essere stata sommersa dalle acque del Po mentre insieme alla cugina e a un fratellino faceva un bagno al tramonto. Nayyab, come la cugina, si era immersa restando vestita, per osservare le norme religiose. E chi ha indagato sui motivi della sua morte dice che certamente gli abiti l’hanno danneggiata, rendendo più difficile galleggiare. Mi sarei aspettata in quella occasione un movimento di solidarietà, da parte delle femministe. Una denuncia dell’anacronismo di questi costumi assurdi. Invece silenzio, assordante silenzio. Evidentemente le femministe non hanno trovato nessun elemento, in quella morte, per fare polemica politica. È una tristezza. Anche perché su questo fronte il problema non è quello dell’integrazione. L’integrazione è un’altra cosa. Qui si tratta solo di battersi contro la sopraffazione delle donne, l’umiliazione, la costrizione a forme assurde di sottomissione. E poi chiamatelo femminismo. Altro che femminismo, questa è subalternità totale al maschio!