Il governo Meloni ha prodotto un divertente fenomeno socio-mediatico. È sbalorditivo vedere come, pur di criticarlo, le migliori intelligenze giornalistiche e politiche siano disposte a fare la figura dei cretini, fingendo- suppongo - di non capire quel che accade e quel che viene detto. Ieri, durante la conferenza stampa nella quale la premier spiegava, tra le altre cose, il giro di vite contro la criminalità minorile in risposta allo stupro di gruppo di due dodicenni a Caivano e all’assassinio di un giovane musicista da parte di un delinquente di 17 anni, la valente collega Claudia Fusani le ha chiesto se secondo lei le ragazze possono girare in minigonna. Siccome una settimana fa il compagno di Giorgia ha detto in tv che se una ragazza si ubriaca fino a perdere conoscenza è più probabile che venga stuprata, la giornalista ha avuto il sospetto che la presidente del Consiglio, donna, potesse incolpare le vittime delle violenze sessuali che subiscono. Sia stata ansia di scoop o cieco pregiudizio, ecco cosa significa gettare il cuore oltre l’ostacolo e fracassarsi tutti i denti.
Sulla Stampa, il bravissimo Mattia Feltri si era prima esercitato nel suo pezzo di repertorio preferito, prendere in giro Matteo Salvini. Siccome il ministro ha detto che se un quindicenne delinque è responsabile quanto un cinquantenne, il direttore dell’Huffington Post ha spiegato che adulti e ragazzi sono diversi, i primi votano e pagano le tasse e i secondi no. A parte che molti adulti non pagano le tasse, mentre i minorenni che guadagnano le pagano e che, se fosse per il Pd, i sedicenni voterebbero da un pezzo, la morale è che a fare i maestrini tutti i giorni si rischia di far lezione senza aver ripassato.
Sulla questione sicurezza la sinistra ha innescato il pilota automatico, criticando a prescindere, senza proporre soluzioni alternative. Il giro di vite sui baby criminali viene descritto su Repubblica come «uno spot per sfogare la rabbia” da Cesare Moreno, presidente dei maestri di strada napoletani, e viene criticato dal cappellano di frontiera don Burgio come “una resa ai doveri educativi, sostituiti dalla punizione come soluzione”. All’indomani di tanta preoccupazione, i provvedimenti del governo, paragonati alla vigilia da equilibrati commentatori d’area alle leggi dell’Urss di Stalin, si sono rivelati assolutamente congrui. Vedremo se saranno anche efficaci. Per l’intanto, chi per anni ha assistito al succedersi di generazioni perdute, giovani vite di periferia buttate senza essere in grado di far nulla per evitarlo e pensando di poter risolvere tutto con gli assistenti sociali anziché con le divise, osservi cortesemente qualche tempo di silenzio.
A nessuno piace mettere in carcere un minorenne, neppure a Meloni mamma di ferro. Ma le penne progressiste che la criticano forse, quando pensano agli adolescenti italiani, hanno in mente i loro pargoli da Ztl, che magari vanno ancora a prendere in macchina dopo l’ora di tennis. Purtroppo ci sono altri sedicenni, che girano con la pistola e sparano a chi incontrano in strada, o spacciano e violentano; e sanno benissimo quello che fanno. Non vanno trattati come i loro padri, che li hanno cresciuti delinquenti, malo Stato deve dare loro un messaggio che sia più forte del cattivo esempio che ricevono in famiglia. Purtroppo in certi ambienti la comprensione viene scambiata per debolezza e solo la fermezza evoca il rispetto necessario per educare. L’alternativa è lasciare ai boss il potere per crescere i giovani o delegarlo ai rappresentanti delle istituzioni e alla legge.