Nel 2024 il governo punta a versare non solo assegni più “pesanti” già a partire dal secondo figlio - contando su un contributo aggiuntivo al budget dell’Assegno unico universale di 2,8 miliardi - ma anche a lanciare interventi “creativi” per il sostegno al reddito delle famiglie. Il tutto senza andare ad appesantire i conti pubblici. Ma coinvolgendo le imprese private e sfruttando i “margini di finanza creativa” che l’Europa potrebbe avallare per puntellare la nostra traballante natalità. Già a fine agosto i tecnici del Tesoro avevano rintracciato nei capitoli di bilancio 1,8 miliardi non spesi nel 2022. Questo perché circa il 20% delle famiglie ha evitato di presentare domanda. Nonostante la presenza di figli a carico. Il dettaglio “fiscalmente a carico” è fondamentale.
FINANZA CREATIVA
L’operazione di “finanza creativa” che a via XX Settembre stanno cercando di attuare - intercettando il via libera della Commissione europeaè utilizzare l’operazione fringe benefit per sostenere i redditi delle famiglie. I nuclei con due minori a carico sono poco più di 5milioni. E quindi l’impegno di spesa sarebbe “tollerabile” concentrando le risorse avanzate e quelle previste per il prossimo anno. In Italia le famiglie composte da 3 o più ragazzi sono meno di 500mila. Quindi si può calcolare di rendere più robusti gli assegni. La circolare partorita dall’Agenzia delle Entrate a inizio agosto puntualizza che «ciascun lavoratore» potrà beneficiare di un una serie di benefit fino a 3mila euro per il 2023. E se mamma e papà lavorano entrambi - proprio nell’ottica di favorire non solo la natalità ma anche il lavoro femminile - potranno entrambi ottenere dal proprio datore di lavoro privato il bonus per coprire i costi delle bollette elettriche, l’iscrizione ai corsi di studio, voucher per la spesa, retta dell’asilo. Tirando le somme in un nucleo familiare tipo (papà, mamma e figli), potrebbero entrare fino a 6mila euro in più.
L’operazione è ancora un cantiere aperto. Prima di annunciare 50, 60 euro in più si devono studiare bene le capacità di spesa. Dal primo ottobre partirà anche il carrello della spesa calmierato (voluto dal ministro Adolfo Urso proprio per accrescere proprio la capacità di spesa dei consumatori). Ma l’intenzione è arrivare a dicembre con un accordo di massima tra governo e imprese per favorire l’adozione massiccia al progetto fringe benefit. Come? Puntando sulla necessità delle aziende di rilanciare i consumi (se gli italiani non comprano il fatturato va in picchiata). Ma anche “rammentando” ai vertici delle associazioni di categoria (dagli industriali ai commercianti, passando per gli artigiani e tutti gli altri che sfileranno a Palazzo Chigi per chiedere di confermare gli interventi pubblici in occasione della manovra finanziaria 2024), che verrà apprezzato “lo sforzo comune “ per sostenere l’economia nazionale. Il famoso mettersi alla stanga rilanciato dal Quirinale per sostenere la crescita. Insomma, se un’impresa chiede un qualsiasi tipo di contributo pubblico diretto o indiretto potrebbe essere caldamente incoraggiata l’adesione al progetto di adozione dei benefici fiscali. Il governo ha già in programma di sforbiciare la spesa pubblica. Il Def 2022 e 2023 prevede prevede la riduzione di 1,5 miliardi di euro della spending review nel 2024. Altre 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi nel 2026. Un impegno assunto con Bruxelles per accedere ai finanziamenti e ai prestiti concordati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
NESSUN OBBLIGO
Non c’è alcun obbligo da parte delle aziende di corrispondere ai dipendenti i fringe benefit (pure ai single senza figli si valuta un allargamento della soglia da 256 a 1.000 euro). Però un impegno in questo senso verrà visto di buon occhio. La platea potenziale calcolata dal servizio attuario del Tesoro è stimata in 5,8 milioni di lavoratori, il 35,8% dei dipendenti del privato. Se poi anche la macchina pubblica - che ha in organico circa 3 milioni di dipendenti - riuscisse a dare il buon esempio l’impatto globale sui consumi sarebbe notevole. E potrebbe compensare il previsto mancato gettito dovuto dall’estensione della soglia di esenzione fiscale dei nuovi fringe benefit. Tutto questo entro dicembre. Ed è forse questa la sfida più difficile.