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Biden, i pagamenti a padre e figlio: bonifici cinesi, esplode la bomba

di Federico Punzi sabato 30 settembre 2023

3' di lettura

«Ieri Joe Biden è venuto in Michigan a farsi fotografare al picchetto (picket line, ndr), ma sono le sue politiche a mandare i lavoratori dell'auto del Michigan in fila per la disoccupazione». Ha risposto così mercoledì sera l’ex presidente Donald Trump, anche lui dal Michigan, a Biden, che il giorno prima si era unito al picchetto dei lavoratori della UAW (il sindacato dell'auto) in sciopero dal 15 settembre – mossa senza precedenti per un presidente in carica. Anche Trump ha parlato ai lavoratori in sciopero, ma nella fabbrica di componentistica Drake Enterprises di Clinton Township, un sobborgo di Detroit – mentre si teneva il secondo incolore dibattito tra gli altri 7 candidati alle primarie Gop, il cui unico momento degno di nota è stato quando Chris Christie ha accusato Trump di non farsi vedere ai dibattiti per paura di dover rispondere del suo operato, chiamandolo «Donald Duck».

DISTRUTTI DAL VERDE
Trump ha messo in guardia gli autoworkers dal baratro verso cui l'amministrazione Biden con la sua ossessione per la transizione all'elettrico sta portando l'industria dell'auto: «Sostengo il vostro obiettivo di salari giusti e maggiore stabilità e spero davvero che otterrete un buon accordo per voi e le vostre famiglie, ma se i vostri leader sindacali non chiedono a Crooked Joe (il «corrotto Biden», ndr) di abrogare immediatamente le sue misure per i veicoli elettrici, allora non importa che paga oraria otterrete, semplicemente non farà la minima differenza, perché entro due-tre anni non avrete un lavoro in questo Stato». E ancora: Biden «sta consegnando la nostra industria automobilistica alla Cina», come ha ceduto i «nostri confini» e l'Afghanistan. Industria che una volta tornato alla Casa Bianca, ha promesso, «non permetterò mai che muoia, in nessuna circostanza». Già il primo giorno, «porrò fine» alle misure di Biden per i veicoli elettrici e «libereremo l'energia americana». «Sotto l'amministrazione Trump, i motori a benzina saranno consentiti, mai cambi di sesso dei bambini saranno vietati», ha aggiunto.

The Donald se l'è presa anche con «i predatori di Wall Street, gli imbroglioni cinesi e i politici corrotti». E a proposito non è mancato un attacco a Biden sui pagamenti ricevuti dal figlio Hunter nei suoi affari con partner esteri, con i quali anche l'allora vicepresidente ha avuto contatti: «L'unica volta in cui Joe Biden si è sporcato le mani è stato quando ha preso soldi da Paesi stranieri». Il presidente della Oversight Committee della Camera, James Comer, ha presentato martedì i documenti bancari che provano ulteriori due bonifici che Hunter Biden ha ricevuto da soci d'affari cinesi, per un valore totale di 260 mila dollari, a luglio e agosto 2019, mesi dopo che il padre Joe aveva annunciato di correre perla Casa Bianca – e, dettaglio non trascurabile, la villa nel Delaware del presidente era indicata come indirizzo del beneficiario. Il presunto schema corruttivo della famiglia Biden, dal caso Burisma agli affari con la Cina – 20 milioni dall'estero dal 2014 al 2019 in cambio dell'influenza politica dell'allora vicepresidente, il “Brand Biden”, 24 milioni secondo Fox News, 15 ai Biden e 9 ai soci – è ora oggetto dell'indagine di impeachment voluta dallo Speaker della Camera Kevin McCarthy. Ieri le prime audizioni. «Per almeno dieci volte, Biden ha mentito al popolo americano affermando di non aver mai parlato con la sua famiglia dei loro affari», ha detto il presidente Comer nell'intervento di apertura.

LE ACCUSE A DONALD
I media liberal Usa, persino la Cnn, cominciano a parlarne – altro segnale delle diffuse perplessità sulla ricandidatura di Biden – mentre i nostri giornaloni si ostinano a concentrarsi solo sui guai giudiziari di Trump. L'ultimo a New York, dove il giudice Arthur Engoron, un Democratico, ha stabilito che l'ex presidente ha truffato banche e assicurazioni gonfiando il valore dei suoi asset fino a 2,2 miliardi di dollari, e ordinato lo scioglimento dell'intero impero immobiliare di Trump nella Grande Mela, pena più unica che rara. Una decisione folle e faziosa, soprattutto per la pena sproporzionata e l'anomalia di una causa civile senza vittime. Nessun danno ad alcun creditore o investitore, non una banca che dichiari di aver perso un dollaro in oltre una dozzina d'anni di rapporti finanziari. Per un non-reato (non era un processo penale), in cui nessuno ha subito danni, anche perché le presunte false dichiarazioni sono state fornite ad esperti istituti finanziari che sanno fare le loro due diligence, la pena di morte aziendale ad un'attività iconica della Grande Mela. 

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