Elly Schlein
Dagli amici mi guardi Iddio, ché a Elly Schlein ci penso io. Serpeggiano, nel Pd sempre più crocefisso ineludibilmente al suo 19% (una soglia psicologica rilevante in vista delle Europee) quelle battutelle classiche tipo «timeo danaos et dona ferentes...» sulla diffidenza troiana dei greci anche quando portano doni; o su Napoleone che concedeva a Talleyrand i suoi piani strategici ma mai gli avrebbe affidato le chiavi di casa; o sui foolish, i giullari di corte dell’età elisabettiana che blandivano la regina alla ricerca di una scapola da poter pugnalare. La fiducia è materia infiammabile, di “sti tempi”, dalle parte del Nazareno. Gira -si diceva- sulla Elly, l’inquieta voce, tsecondo cui la signora sarebbe «accerchiata dai falsi amici», dai colonnelli “di peso” dentro il partito; e da un lato appaiono schierati con la segretaria, e dall’altro si rivelano latori di critiche feroci quanto sottili. Prendete uno a caso. Il Pierluigi Bersani.
CAMPO LARGO
Uscito dal suo personale porto delle nebbie, ad un primo sguardo, l’ex segretario, intervistato da Repubblica difende la Schlein dagli attacchi dell’opposizione interna; afferma che in Italia sia in atto un salto generazionale sul piano culturale, politico e di linguaggio che non può essere ignorato. E invita quelli della sua generazione e affini (politici, giornalisti, i commentatori) a cambiare le lenti agli occhiali; a sceglierle «almeno bifocali. Se guardassero Schlein dal basso invece che dall’alto vedrebbero che le perplessità di una parte delle nostre generazioni sono la speranza di una parte delle nuove». E dopo la metafora oftalmica, il grande ex condanna le «manovrette interne di un pezzo di sistema» che starebbe trattando il neo-segretario del Partito democratico «come una macchietta». Dice proprio così, Bersani, «macchietta». Nessuno capisce a chi si riferisca.
E, comunque, Bersani parla pure di «scisma profondo». E cita Berlinguer quando pregava i giovani comunisti di «entrare e cambiarci». Insomma, la prende larga, Pierluigi. Per poi, arrivare alla stoccata finale: la Elly continui pure così, ma deve fare il «campo largo» a tutti i costi, «abbiamo sempre fatto così, l’Ulivo, l’Unione. Fra Pd, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra una quadra si trova. Però occorre l’altro filone, quello liberal-democratcio. In passato abbiamo avuto alleati come Maccanico, Dini, non certo suppellettili. Un minoranza preziosa. Calenda non vuole? Dovremo trovare altre soluzioni». Cioè. Bersani la prende larghissima, onde istigare la partouze con i liberal-democratici e i loro antiquati valori. Valori che, per inciso, sono diametralmente opposti a quelli di Elly la quale -giustamente- vibra sempre più a sinistra. Cioè, sempre traducendo Bersani: Schlein è la speranza dell’umanità, purché segua i consigli. I consigli miei.
Altro amico del giaguaro, carico di consigli e aspettative perla segretaria risulta lo Stefano Bonaccini. Bonaccini, da Gerry Greco durante il web talk del gruppo Gedi Metropolis, si produce in dichiarazioni al curaro ma al di fuori glassate di zucchero. «Siamo abituati a leggere la politica attraverso cose codificate, io ho spesso criticato il sistema correntizio, se un partito non è plurale non può essere grande ma un conto è una corrente che lavora per spartirsi i posti un altro è portare avanti idee» afferma lui «la percezione del Pd all’esterno era di aree cristallizzate, non contribuivano al pluralismo». Ora le cose son cambiate, conclude Bonaccini, e «mi auguro Elly ascolti» le varie sensibilità e anime del partito. Soprattutto l’anima sua. Sicchè, anche dalle parti di Bonaccini, ecco il guizzo in cauda venenum: «Elly Schlein non è una ragazzina, è donna adulta, ha dimostrato grandi capacità ma la leadership si afferma non solo per la vittoria di una primaria interna ma se vinci le elezioni, le amministrative, le Europee... Noi dobbiamo dare una mano alla segretaria, al gruppo dirigente e non demolire e cercare un successore».
IL SOL DELL’AVVENIRE
Occhio. Non demolire e non cercare un successore. Epperò, intanto, lo Stefano rafforza l’area Energia popolare dei suoi sostenitori e ne discute come di una creatura nuova e atipica: «Non è una corrente classica, perché altrimenti me andrei io un minuto dopo». Uno poi capisce perché Elly, con questa frotta di sostenitori d’acciaio, vede calare il suo gradimento al 39 al 24% in sei mesi. Infine, degno di nota -tanto per deliziare la stabilità del centrosinistra- granisce al sol dell’avvenire, il Michele Santoro. L’anchorman, attizzato dalle domande chirurgiche di Lilli Gruber a Otto e mezzo dichiara: «Schlein è prigioniera in un partito che non la pensa come lei; non so se controlla il partito o è il partito a controllare lei». Michele è, diciamolo, educatamente spietato. Continua: «Non ho visto aprire un dibattito sulla guerra in Ucraina ma temo che il tema sia imbarazzante per lei (ma non ce n’era bisogno, Schlein è sempre stata chiara su posizione atlantista, ndr)». Poi certo, ci sarebbe da discutere sulla “lista Santoro” all’Europarlamento, il posto che Michele, eletto, mollò per il ritorno in tv spiazzando i propri elettori. Auguri, Elly...