Potremmo essere alla vigilia di una nuova guerra tra il mondo islamico e l’Occidente, colpito vigliaccamente nel suo simbolo in Medio Oriente, lo Stato Ebraico. Oggi come 22 anni fa, l’11 settembre 2001, con la differenza che il blitz dei tagliagole palestinesi in Israele non è un attentato, come fu quello alle Torri Gemelle, ma un’azione di guerra, coordinata dalle potenze teocratiche della zona, Iran e Qatar.
L’Italia, adesso come allora, ha una sola fortuna: è retta da un governo convintamente atlantista e da sempre impegnato nella difesa dei valori europei. È il tratto distintivo del centrodestra, che non si è mai fatto abbagliare da fascinazioni arabeggianti. L’esecutivo ha impiegato un attimo a esprimere la propria «condanna con la massima fermezza del terrore e della violenza contro civili innocenti in corso», a sottolineare che «il terrore non prevarrà mai», il che è già una dichiarazione di impegno, e a «sostenere ufficialmente il diritto di Israele a difendersi».
Sono tutti d’accordo; con Salvini, che l’opposizione spesso indica come l’anello debole della politica estera del centrodestra, che è il più filo-israeliano di tutti, sostenendo da tempo che Gerusalemme dovrebbe diventare la capitale dello Stato di Israele. Non solo, l’unione dei partiti rispetta il sentimento comune di fraterna vicinanza al popolo ebraico e di disprezzo profondo verso il terrorismo islamico di tutti gli elettori del centrodestra. Per questo, qualsiasi cosa accadrà e qualsiasi decisione si prenderà, l’Occidente, Israele, gli Stati Uniti e l’Unione Europea potranno contare sull’Italia.
Così non sarebbe, e va detto con rammarico e non come condanna, se a guidare il Paese ci fosse il centrosinistra, diviso in politica estera perfino quando la minaccia è a meno di due ore di volo dai nostri confini. Una spaccatura che non è solo trasversale allo schieramento dell’opposizione, ma anche al partito, il Pd, che si erge come unica forza politica affidabile all’estero, ritagliandosi un ruolo che né la storia né l’attualità gli riconoscono. Per la sinistra Israele e Hamas pari sono; anzi, il secondo è preferito dai compagni, che lo finanziano da sempre in chiave anti-americana. Nei mitocondri di buona parte della sinistra nostrana, pacifista fa rima con terrorista, almeno per quanto riguarda la questione israeliana, e lo si capisce dalle dichiarazioni di autorevoli esponenti che non riescono a condannare l’azione criminale di ieri a opera dei palestinesi senza specificare che comunque la mattanza è dovuta alla mancanza di dialogo e che insomma, con un altro atteggiamento da parte dell’Occidente, sarebbe tutto evitabile.
Invece non è vero. Iran, Qatar, i finanziatori del terrorismo non sono Stati perseguitati ma Stati canaglia, grandi potenze egemoniche che puntano a estendere la propria influenza e il proprio dominio sul mondo. Finché il centrodestra resterà al governo, senza complicità, tentennamenti o sbandate da parte delle nostre istituzioni. È inutile illudersi, come fa la sinistra, che con l’accoglienza, gli aiuti, il dialogo, tutti i popoli e le civiltà del mondo possano farsi una e procedere mano nella mano. La storia di centinaia di migliaia di anni ci dice che la guerra è un fenomeno ricorrente nella parabola umana e la mattanza islamica di ieri è la riprova che non tutte le civiltà sono uguali e non siamo tutti al medesimo stadio di evoluzione.