L’incubo del terrorismo palestinese arriva in Italia. La certezza sono i quasi 29mila “obiettivi sensibili” individuati ieri sul territorio nazionale dal Comitato per l’ordine e la sicurezza: per questi siti il livello di attenzione diventa altissimo. La grande incognita è la massa di abitanti di Gaza – sino a un milione secondo le prime stime, inevitabilmente approssimative – che potrebbero lasciare la Striscia, spostarsi in Egitto e da ßcercare strade che li portino altrove, anche in Europa e in Italia. Diritto internazionale alla mano, sarebbe impossibile negare a chi fugge da ßlo status di profugo, e dunque una qualche forma di protezione internazionale. Però, come avverte Guido Crosetto, «non possiamo permetterci di far entrare persone che verrebbero a combatterci». Insieme ai controlli interni, quindi, vengono aumentati quelli alle frontiere, per evitare lo sbarco di mujaheddin ed aspiranti martiri.
La stessa regola della prudenza aveva spinto il ministro della Difesa a valutare di cancellare i festeggiamenti per la Giornata dell’unità nazionale e delle Forze Armate, in calendario - come sempre da oltre un secolo- il 4 novembre. «Perché devo crearmi un problema di sicurezza in più? Io devo pensare al peggio», ha detto Crosetto nel pomeriggio. Ma la decisione riguarda innanzitutto la presidenza della repubblica, essendo Sergio Mattarella rappresentante dell’unità nazionale e capo delle Forze armate. E dal ministero della Difesa, in serata, hanno fatto sapere che gli appuntamenti istituzionali previsti quel giorno sono confermati: a rischio di cancellazione sono alcune manifestazioni collaterali, come quella che dovrebbe farsi al Circo Massimo.
IL RISCHIO FRANCESE
Le conseguenze della guerra sulla sicurezza interna sono comunque il primo problema del governo e per questo ieri mattina al Viminale, sotto la regia di Matteo Piantedosi, si è riunito il comitato al quale partecipano i vertici delle forze di polizia e dell’intelligence. L’obiettivo è evitare che all’interno dei confini italiani avvenga ciò che sta accadendo in Francia, dove ad Arras, nel nord-est del Paese, venerdì un islamico ha pugnalato a morte un insegnante, al grido di «Allah akbar». Il problema è la lunghezza della lista degli obiettivi a rischio in Italia: il censimento fatto al ministero dell’Interno ne ha contati 28.707, dei quali 205 riferibili al mondo ebraico e allo Stato d’Israele, come sinagoghe, sedi diplomatiche e centri di cultura ebraica. Rischi concreti di attentati al momento «non ci sono», ha assicurato Piantedosi, senza nascondere però che «ci aspettano mesi difficili», anche perché la minaccia di attentati come quello visto in Francia si presenta «impalpabile, indefinita, fluida», insomma difficile da prevenire. Tornerà utile, in funzione anl’operazione ti -terrorismo, “Strade sicure”, che il ministro ha rafforzato nei giorni scorsi con l’aggiunta di 400 uomini, collocati soprattutto nelle aree delle stazioni.
Piantedosi ha ammesso che «una grande crisi umanitaria è una delle ipotesi di cui si parla». Ci sono già segnalazioni di nuovi arrivi dalla Palestina, sebbene in linea con quelli registrati nei mesi scorsi. E assieme ai profughi veri, da Gaza potrebbero giungere terroristi, organizzati o “cani sciolti”, intenzionati a portare la guerra santa in Italia. Per questo, insiste il ministro dell’Interno, «è molto importante intercettare all’arrivo chi può dare indicazione di una maggiore attenzione».
IL RUOLO DI AL SISI
Rispetto al flusso degli immigrati provenienti da altri Paesi, sinora quello dei palestinesi è stato poco rilevante. Nei primi otto mesi dell’anno a Lampedusa ne sono sbarcati 129 (91 uomini, 13 donne, 18 minori accompagnati e 7 minori non accompagnati), di cui 109 partiti dalla Libia e 20 dalla Tunisia. È la conferma, comunque, che esiste una rotta che dall’area del conflitto arriva in Italia passando per l’Egitto e la Tripolitania. La seconda parte di questo percorso è quella che dal primo gennaio al 30 settembre ha portato in Italia 8.693 egiziani, e presto potrebbe essere scelta da migliaia di palestinesi. Anche per questo, in sede di governo, si inizia a ragionare sull’importanza del ruolo che giocherà nei prossimi mesi il presidente egiziano Al Sisi. Sia le fazioni palestinesi a Gaza, sia il presidente francese Emmanuel Macron, ieri gli hanno chiesto di aprire il valico di Rafah, il punto di frontiera tra Egitto e striscia di Gaza, in modo da consentire il passaggio dei primi profughi. Nell’enclave palestinese vivono oltre due milioni di persone, e se davvero la metà di loro scegliesse la fuga, come qualche analista ipotizza, la pressione sull’Egitto si farebbe insostenibile. Un problema per Al Sisi, ma anche un’opportunità per imitare il turco Recep Tayyip Erdogan e il tunisino Kais Saied. Il presidente egiziano potrebbe infatti decidere di trattare con l’Unione europea per “monetizzare” la sua posizione strategica ed impedire, in cambio di aiuti economici e di altro tipo, che una nuova marea umana attraversi il Mediterraneo.