Il 15 agosto tutti festeggiano Ferragosto, Carlo Miccichè celebra il compleanno di Napoleone. Il 5 maggio è una data da dimenticare, mentre il due dicembre è un grande giorno, la vittoria di Austerlitz, e Miccichè la ricorda con una cena napoleonica nel salotto di casa sua. Nel menu non può mancare il poulet à la Marengo, il piatto preferito di Bonaparte ma prima di alzare i calici un commensale declama- in francese, ça va sans dire- l’incipit del Bulletin de la Grande armée.
Se pensate che Napoleone sia morto sull’isola di Sant’Elena, sia sepolto nel cimitero parigino Les Invalides e chiuso nei libri di storia è perché non avete mai incontrato Miccichè né letto il suo Essere Napoleone (edizioni Ares, pp. 312, euro 20).
Dell’imperatore è sommo estimatore, massimo conoscitore e depositario di tutto lo scibile possibile. Un amore lungo una vita, scoppiato quando all’età di nove anni i suoi genitori lo portarono davanti alla tomba del francese (lui direbbe còrso!). Da quel giorno ha cercato libri nelle biblioteche, spulciato archivi, collezionato foto, setacciato videoteche, selezionato soldatini, accumulato ritagli di giornale. È entrato in contatto con centinaia di appassionati prima attraverso la corrispondenza postale poi, con l’arrivo della tecnologia, ha intessuto una rete con migliaia di amanti dell’epopea di Napoleone. Anche il figlio di Carlo (che non si chiama Napoleone, ma ha come terzo nome Gioacchino, in onore di Murat) è appassionato di storia ma, per una bieca legge del contrappasso, preferisce gli acerrimi nemici di Bonaparte: gli Asburgo...
PASSIONE E LAVORO - Una passione maniacale («senza sfociare nella psicosi», rassicura l’autore) che si intreccia con la sua vita e il suo lavoro di “cacciatore di libri” da trasformare in fiction o film. Miccichè è un dirigente Mediaset e si occupa di scovare le trame dei romanzi che possono essere trasposte in televisione. Con la sua squadra ne legge circa trecento l’anno.
Come li sceglie? «Deve accadere qualcosa», spiega lui. «Prendiamo la Recherche di Proust che pure è un capolavoro: sfido chiunque a realizzare una fiction sulla madeleine intinta nel thè e sul flusso di coscienza...».
Essere Napoleone non è un saggio scientifico, ma il racconto dell’Empereur nella drammaturgia e, quindi, un viaggio nella storia della letteratura e del cinema con un’incursione nel mondo dei fumetti e perfino dei videogames. Sfogliando il libro di Miccichè vi troverete catapultati nelle pagine di Guerra e Pace di Lev Tolstoj e poi dietro la macchina da presa di Abel Gance, sognerete con Il Barone Rampante di Italo Calvino e vi imbatterete nel Napoleone disegnato in graphic novel da Hasegawa Tetsuya e poi scoprirete quello realizzato in pixel dagli sviluppatori del videogioco Assassin’s Creed.
Inutile chiedere a Miccichè perché gli piaccia tanto Bonaparte, lui vi spiazzerà con risposte come questa: «Se ti piace qualcuno perché è ricco è voglia di scalata sociale, se ti piace perché è bello è desiderio, se ti piace qualcuno e non sai perché è amore vero...». La guerra, il mondo militare, il fascino della conquista e tanti altri stimoli “testosteronici” non bastano a spiegare un interesse che non si è mai esaurito, anzi è cresciuto col tempo.
Il libro ruota attorno a un quesito: come raccontare Napoleone? «Fare Napoleone è molto semplice: se adesso io mi metto impettito con una mano sotto la giacca, tutti riconoscono Napoleone. Nessun altro personaggio storico è così immediatamente riconoscibile. Il drammaturgo non deve pensare Napoleone, ma immaginare Napoleone. Ed è questa la difficoltà maggiore. Il personaggio è talmente ingombrante che tanti scrittori e registi sono rimasti schiacciati dalla sua personalità. Confrontarsi con il mito senza attaccarsi alla scienza storica ha fatto e fa ancora tremare i polsi».
Miccichè non ha dubbi: il miglior film su Bonaparte è quello di Stanley Kubrick che, però, non è stato mai realizzato. «La buona notizia per tutti noi napoleonici è che, finalmente, Steven Spielberg farà Napoléon dalla sceneggiatura di Kubrick. Un’epifania per tutti noi... A novembre dovrebbe uscire il film di Ridley Scott, ma ho più una perplessità (le trovate tutte spiegate nel libro con la precisione di un tecnico e una prosa colloquiale, spesso ironica, ma mai banale, ndr)».
Un grande Napoléon al cinema è quello muto del genio senza tempo di Abel Gance che, oltre a «inventare soluzioni registiche per l’epoca clamorose», aveva una impressionante consapevolezza visiva della presenza scenica. Miccichè prende il cellulare e mostra la foto dell’attore che quasi un secolo fa Gance scelse per il suo Napoleone: André Dieudonné. Poi la affianca alla foto di Damiano dei Maneskin. La somiglianza è impressionante. «Ecco, la genialità di questo regista sta nel sentire l’arte come qualcosa che attraversa le epoche e, addirittura, le anticipa». Lo sviluppatore del videogioco Assassin’s Creed nel realizzare il Napoleone a pixel si è ispirato proprio a Dieudonné e a Damiano.
STENDHAL E HUGO - Il titolo che ha avuto più edizioni al mondo è la Bibbia, subito dopo arrivano i libri dedicati a Napoleone descritto da ogni punto di vista: nella storia, in battaglia, nel suo privato. Ma sono saggi storici. Quando, invece, si tratta di immaginare Napoleone, sostiene Miccichè, tutti si bloccano. Tranne pochi, grandissimi, che hanno trovato soluzioni geniali come Stendhal ne La Certosa di Parma. «Una storia su Napoleone dove Napoleone non c’è. Stendhal riesce a far vedere dal basso l’epopea napoleonica perché Fabrizio del Dongo scappa di casa per andare a combattere e questo dimostra quanto grande e forte fosse il coinvolgimento che una persona qualunque provava nei confronti di Bonaparte. Victor Hugo ne I Miserabili dedica quaranta pagine alla battaglia di Waterloo, il suo è un kolossal, altro che Ridley Scott... Adoro il Napoleone di Italo Calvino. Ne Il barone rampante il dialogo tra il nobile appollaiato sull’albero e l’Imperatore rende in poche battute tutta la grandezza del personaggio».
Tra le pagine incontrerete ovviamente Manzoni, Monti, Foscolo e Nievo e altri registi come Paolo Virzì (che firma la prefazione) e Alan Taylor. Quando chiuderete il libro vi renderete conto che Bonaparte è molto, molto, più di quello che avete letto sui libri di storia e scoprirete di aver fatto un’emozionante cavalcata all’inseguimento di Napoleone tra narrativa, teatro, musica e cinema con una puntata nel metaverso. Ma lui da secoli si fa beffe dei drammaturghi che tentano di racchiudere la potenza del suo mito nei confini delle parole e delle immagini.