Ve la ricordate quella canzoncina che fischiettavano fino a qualche giorno fa sui soldi-che-non-ci-sono-per-il-Ponte? Seminavano dubbi finanziari sulla grande infrastruttura destinata allo stretto di Messina come giocattolo della sinistra per andare contro Matteo Salvini, metterlo contro la Meloni. Ora hanno scoperto come hanno rivelato venerdì su La Stampa, che i quattrini in manovra – spalmati sulle varie annualità esattamente come era stato annunciato – ci sono e quindi li contestano perché questa è la moda.
I politici di sinistra hanno mandato avanti gli intellettuali, il circo dei soliti nomi, per il consueto, romantico e stonato appello contro il Ponte. Dice chi è stanco delle chiacchiere sul tema che leggendo la supplica che verrebbe la voglia di andare lì e cominciare a scavare per realizzare il Ponte... Perché siamo ai soliti esercizi di demagogia che hanno contribuito finora a mantenere arretrato il sistema Paese. Altro che progresso.
Sono poeti un po’ stonati, questi signori del no conditi con nobiltà intellettuale. «Come ve la raccontano è che noi oppositori siamo un po’ nostalgici, non al passo con i tempi, addirittura vetusti, e pure ignoranti: un po’ terrapiattisti, dai, scemi e localisti contro un’idea di progresso magnifico e progressivo. Oppure ve la raccontano così: chi è contrario al ponte sullo Stretto sta pensando al bene della Sicilia, della Calabria, alle autostrade carenti e sempre guaste, alla quotidianità dei disagi e dei malfunzionamenti: che ce ne facciamo delle grandi opere quando ci mancano le piccole?». Di difficile comprensione, diciamo. Ma aggiungono: «Se c’è una cosa che alla Sicilia e alla Calabria non manca e non mancherà mai è un ponte. Non ci manca che la cretineria umana – ecco gli immancabili insulti - devasti l’unica cosa davvero meravigliosa risparmiata dal terremoto del 1908, dall’incuria in cui sono state lasciate morire le due città: il mare».
Difficile resistere ai punti interrogativi che dovrebbero essere disseminati lungo il corso dell’“appello”. È la solita solfa, dal Ponte alle pensioni, su cui – in particolare proprio su La Stampa con le sue firme da Sorgi in giù – tentano da sempre di crocifiggere Salvini. Sul quotidiano torinese si sono cimentati con lo stesso ardore con cui negavano l’esistenza dei quattrini e ora che li hanno scoperti lanciano gridolini di terrore. I promotori sono Nadia Terranova, Gianfranco Zanna e il solito Fabio Granata, che hanno radunato in calce al loro struggente richiamo al “no”, circa 200 fra intellettuali, attori, registi, giornalisti, indotti a firmare manco fosse per il salario minimo, l’appello per «salvare la bellezza dello Stretto da assurdi e fantasiosi progetti, finalizzati solo all’ulteriore sperpero di risorse pubbliche».
Nell’appello viene chiesto che «lo Stretto diventi patrimonio dell’Unesco per la sua bellezza e unicità paesaggistica; per il suo indubbio valore storico e mitologico in quanto crocevia di civiltà portatrici di storie e di leggende, da Omero alla letteratura contemporanea protagonista di poemi e racconti, nonché soggetto amato da pittori, fotografi e artisti di ogni epoca; perché luogo di cultura e di fatica umana». Poco conta per costoro che un volta realizzata un’opera del genere sarà ammirata da tutto il mondo come espressione del migliore ingegno tecnico italiano e non solo. Per loro dobbiamo tornare al tempo delle favole.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.