Alla fine ce ne faremo una ragione: Zerocalcare non sarà quest’anno a Lucca Comics perché il patrocinio dell’ambasciata israeliana “rappresenta un problema”. D’altra parte, annullare un tour fa ben più rumore che confermarlo. Tra le affermazioni più banali e scontate si possano sentire oggi a riguardo, la peggiore è proprio “ognuno è libero di pensarla come vuole”. Fino a un certo punto, direi piuttosto, e non in un caso come questo. A inquietare non è certo il lungo, prevedibile, post pubblicato sul profilo ufficiale facebook del fumettaro romano, ma i circa 62mila commenti rilasciati in meno di 24 ore dalla mandria di invasati fan, che esaltano il coraggio del disegnatore promosso a intellettuale, adulandolo come un punto di riferimento, un faro, una persona speciale e via dicendo. In pochi hanno tentato di spiegargli la differenza tra il governo d’Israele (con cui si può non essere d’accordo) e l’ambasciata di un Paese che rappresenta l’intera comunità, ma il distinguo è troppo sofisticato per uno abituato a esprimersi per aho e li mortacci tua.
Oppure lo sa e fa finta di niente, lui capo di quella mandria di smandrappati che ha in odio preconcetto l’unico avamposto di democrazia e civiltà presente in Medio Oriente: a casa mia questo sentimento ha un solo nome, antisemitismo. Pare che Zerocalcare sia una delle voci più ascoltate soprattutto dai giovani, che non sempre hanno sviluppato sufficienti capacità di discernimento. Certe parole, certi messaggi, arrivano unilaterali, equiparabili agli slogan delle manifestazioni di piazza come quelle gravissime di ieri pomeriggio a Roma e a Napoli. Negli anni ’70, quando l’Italia era stretta nella morsa del terrorismo, pesarono molti i “cattivi maestri” anche senza che si fossero macchiati di crimini.
La storia rischia di ripetersi, soprattutto quando a parlare è un quarantenne ricco e famoso a ventenni che ancora non sanno bene perché stanno al mondo e, acriticamente, si sentono meglio in branco piuttosto seduti in poltrona e leggersi un grande autore israeliano, certo più complesso delle storie disegnate del reuccio di Rebibbia. Altrove avrei ironizzato, mi sarei divertito ancora una volta a prenderne di mira il look da Peter Pan degli sciattoni in bermuda e peli esposti anche in città, che ha passato la conradiana linea d’ombra ma continua ad atteggiarsi come se fosse in Erasmus. Avrei ribadito la mia assoluta distanza dal modello di maschio sfigato, perdente, indeciso, solidale, equosolidale, femminista solo perché non gliela danno mai e in verità arrapato come una bestia. Avrei puntualizzato quel fastidio che provo ogni volta che mi trovo di fronte a un artista -sì, questo gli va riconosciuto, il suo mestiere lo sa fare perché altrimenti non avrebbe venduto tonnellate di fumetti, anche se Andrea Pazienza si rivolta nella tomba quando glielo mettono a confronto- eletto a maitre à penser del popolo alternativo che non ha neppure la forza di inventarsi i propri eroi e li deve rintracciare nel marketing editoriale.
Avrei infine osservato come Zerocalcare sia una moneta falsa, niente di autentico e purtroppo tanta gente gli crede, in particolare i ragazzi disposti a spendere la paghetta per i fortunati albi dalla Profezia dell’armadillo in poi, ma se gli chiedi di comprarsi un romanzo dicono che non hanno soldi. Avrei detto queste cose, i fan si sarebbero incazzati (anche se non leggono Libero) ma insomma l’avremmo buttata in caciara. Solo che stavolta non si può, la questione è troppo seria, mi fa sospettare uno strisciante antisemitismo che si sta diffondendo a sinistra. Il primo punto è attaccare Israele, altro non serve precisare. Allora, se permettete, la voglia di ridere mi passa. Ricadono male le affermazioni di Zerocalcare, possono incitare all’odio razziale e per contro non sento intorno prendere le dovute distanze. Un mio caro amico ebreo mi ha rassicurato, ma in fondo chi è sto Zerocalcare, non so nemmeno se devo ridere quando lo leggo. Spero proprio abbia ragio ne lui.