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Gianluigi Paragone: Mes, l'ultimo ricatto degli euroburocrati

di Gianluigi Paragone martedì 31 ottobre 2023

3' di lettura

L’europeismo mirava a fare della pace la norma del continente... Lo scopo della costruzione europea è qui». Lo ha scritto Lucio Caracciolo nel suo ultimo libro, il prezioso La Pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, dove non risparmia critiche feroci all’architettura europea e alla sua postura burocratica.

È l’Europa formato Godot, buona per coloro che restano sospesi tra «Ci vuole più Europa» e «Siamo contro questa Europa». E mentre Godot si fa attendere, il mondo regola ancora i vecchi conti incrociando armi di vecchia e di antica concezione.

L’Europa che non è, ovvero l’Europa della pace e della moneta unica come riparo dalle turbolenze inflattive, l’Europa come superamento degli Stati nazionali per essere più forti nelle grandi sfide del pianeta (a cominciare da quelle energetiche e delle materie prime), si sta svelando come una sovrastruttura pesante, nostalgica, presuntuosa più che ambiziosa. Inutile finanche negli scenari dove gli scontri la lambiscono: a est nel conflitto (impantanato) russo-ucraino; nel Mediterraneo medio-orientale flagellato dalla predicazione jihadista. In nessuno dei due focus c’è traccia di Europa. Nulla. Perché non c’è politica, perché non ci sono visioni omogenee. Dalla Russia, la Ue ha preso tutto il gas che le serviva a prezzi bassi senza mai porsi riserve; di più, ha fatto entrare nelle liberalizzazioni i suoi colossi energetici. Sul Mediterraneo, zero prospettiva, in nessuna delle sue aree, così Bruxelles resta ai margini del conflitto a Gaza e non riesce a frenare le partenze dall’altro lato di quel mare che i Romani chiamavano “nostrum”.

LA TIGRE DI CARTA
L’Europa politica non c’è e nemmeno viene richiesta: del resto a chi può interessare una Europa incartata fantozzianamente nelle beghe di chi è più rappresentativo tra il presidente di Commissione Ue e il presidente del Consiglio europeo? Significa che l’Europa è una tigre di carta, il cui unico ruggito può suonare potente all’interno dei Paesi membri se ben sostenuto da chi maneggia la manopola del volume.

Il Mes è l’ennesima eco che si alimenta per fare paura, è l’ultimo mostro con cui dobbiamo convivere: l’Italia deve approvarla per rispetto verso gli altri che l’hanno fatto; non possiamo peri La riforma su cui il parlamento è chiamato a esprimersi è solo il pezzo che interessa i famigerati Paesi del nord Europa che tanto bramano per metterci in mora, tant’è che l’intero pacchetto non comprende gli altri due pezzi che sbrigativamente qui definisco di bilancio unico europeo e di completamento dell’unione bancaria, tramite la creazione di uno schema europeo di garanzia dei depositi bancari (il cosiddetto Edis). 

E non è nemmeno vero che il “pacchetto” di riforma dell’Unione economica e monetaria sia stato di fatto completato dal Recovery Fund. Insomma vogliono obbligarci a svolgere vita natural durante i famosi compiti a casa con riforme lacrime e sangue. La riforma del Mes, infatti, prevede che esso possa rafforzare il fondo di risoluzione unico ma solo in ultima istanza: in altre parole, prima di accedere ai soldi del Mes si deve comunque passare per il bail-in, cioè per quell’esproprio di obbligazionisti subordinati, azionisti e correntisti oltre i 100.000 euro. È chiaro che le agenzie di rating e i fondi spingano perla ratifica. Ma a noi davvero conviene? Non credo proprio, approvare la riforma del Mes significa ipotecare il futuro dell’Italia.

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