La falsa telefonata non è una burla, è un vero intrigo. Non è cabaret, quella telefonata è vera e fa parte di un’operazione di “disinformatia”, un classico del repertorio dei servizi segreti di Mosca dai tempi dell’Unione Sovietica a oggi. Le parole di Maria Zakharova contro Giorgia Meloni ne sono la prova, la portavoce del ministero degli Esteri è una figura di primo piano in Russia, una delle menti della strategia globale di Vladimir Putin. Quanto al “comico”, mi è bastato fare un paio di domande a Lexus a 8 e 1/2, il programma di Lilli Gruber, per mostrare il suo vero volto: quello di un agente-propagandista. Il genere comico qui serve a coprire magistralmente il “serio” che sta sopra e sotto questa storia dove il bersaglio è Meloni, la sua leadership, la fondamentale posizione euro-atlantica dell’Italia nel G20, nell’alleanza che sostiene l’Ucraina e nella guerra che si è aperta in Medio Oriente tra Israele e Hamas. C’è un filo rosso che lega tutti questi elementi, vediamolo.
La Russia nella conduzione della guerra in Ucraina ha due obiettivi: prendere tempo e logorare dall’interno le democrazie che sostengono Kiev. Quando Giorgia Meloni cita la “stanchezza” a proposito del conflitto sul fianco orientale dell’Europa (questo è il teatro, non un punto astratto della mappa) lo fa ben sapendo che la strategia di Vladimir Putin è quella di fiaccare la volontà dei governi influenzando l’opinione pubblica. L’uomo del Cremlino è un abile giocatore di scacchi, muove tutti i pezzi a sua disposizione e tra questi c’è naturalmente la propaganda. La strategia di Putin si dispiega su più teatri: l’esercito russo si sposta su campi di battaglia materiali e immateriali, l’artiglieria si combina con la dimensione cyber e l’utilizzo dei media. L’attacco all’Occidente è condotto con l’arma potente della disinformazione, mentre in Ucraina fortifica le difese e si prepara a un lungo stallo della fanteria e della cavalleria corazzata sul campo di battaglia innevato, con la speranza che il Generale Inverno sia più rigido in modo da innescare un secondo shock energetico in Europa.
La “disinformatia” usa ogni mezzo, complice, punto d’attacco e, in questo quadro, mettere in imbarazzo un leader con le sue stesse parole è un colpo di sicuro effetto. I bersagli del due “comico” sono i principali asset dell’Occidente: i leader delle banche centrali, degli apparati di difesa e dei governi. Non è cabaret, è una sofisticata guerra sferrata sul campo di battaglia delle idee, quello più grande, è la conquista del cuore e della mente dei popoli che si sentono smarriti di fronte al conflitto.
Con Giorgia Meloni non è accaduto perché il presidente del Consiglio ha una naturale prudenza e coerenza nell’esporre i problemi e le sue conclusioni, ma ci hanno provato con maestria e questo conferma quattro cose: 1- I dispositivi di sicurezza di Palazzo Chigi vanno adeguati di fronte alla “guerra ibrida”, dalla sorveglianza attiva e passiva sull’edificio, allo spettro elettromagnetico, fino alla gestione delle comunicazioni del premier e del suo staff, compresi i membri del governo e le sedi dei ministeri. Chiunque ha un ruolo nella guerra, è un potenziale bersaglio della “disinformatia”, non è una questione che riguarda solo i livelli più alti della macchina del governo, chiunque può diventare obiettivo o essere addirittura una pedina di Mosca; 2 - Colpire l’Ufficio del Consigliere diplomatico - che ha commesso un errore nel non fare il doppio e triplo controllo della fonte, ma è il bersaglio di una micidiale operazione di sabotaggio - non è una scelta casuale: il capo dello staff, l’ambasciatore Francesco Talò era il responsabile della nostra rappresentanza diplomatica nella Nato durante il governo Draghi, è un diplomatico di lungo corso con rapporti internazionali solidi, informazioni di primissima mano, una profonda conoscenza dello scenario internazionale. Talò è l’uomo che ha tenuto tutti i delicatissimi contatti con la Casa Bianca, è il link diretto dell’Italia con Jake Sullivan, il Consigliere di Joe Biden per la sicurezza nazionale. Levare di mezzo Talò per Mosca è un trofeo da esibire nella guerra di comunicazione e non solo. Sono elementi che il governo dovrà valutare con la freddezza necessaria, siamo dentro la matrioska della Russia, dentro una bambolina c’è un’altra bambolina e poi un’altra ancora e alla fine del gioco non sai cosa ti ritrovi davanti; 3 - L’Italia è giustamente considerata dalla Russia un elemento chiave dell’alleanza che sostiene Kiev, un partner storico degli Stati Uniti (dove l’anno prossimo si vota), la sua posizione la rende naturalmente protagonista nel Mediterraneo (vedere alla voce “piano Mattei” che si discuterà oggi in Consiglio dei ministri), l’evoluzione dello scenario geopolitico fanno di Roma un “ponte” tra l’Africa, il Vicino Oriente, il Nord Europa e l’Atlantico. Per queste ragioni attaccare la leadership di Giorgia Meloni, indebolirla, è un obiettivo del Cremlino: se l’Italia flette, l’alleanza su Kiev si spacca e Putin può guadagnare ancora tempo, rafforzare le sue posizioni sul terreno, sfiancare l’esercito ucraino, usare tutta la sua influenza sullo scenario del Medio Oriente per mettere alle corde gli americani, ora impegnati su un doppio fronte di guerra e con il Pacifico da sorvegliare per non lasciare il campo libero alla Cina; 4 - La Russia si muove come un impero, la sua politica è globale dai tempi dello Zar, usa tutte le sue ramificazioni nel mondo, a cominciare dalla potente rete diplomatica che fa da piattaforma per la rete di spie dell’ex Kgb, l’unica cosa che era rimasta intatta dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991.
Le impronte digitali di Mosca giungono fino a Gaza City (secondo il Wall Street Journal il gruppo Wagner avrebbe fornito la difesa contraerea ai terroristi): l’alleanza con l’Iran (che fornisce i droni alla Russia per la guerra in Ucraina), il sostegno a Hamas suggellato pochi giorni fa con un vertice dei leader dei terroristi a Mosca (era presente nella delegazione islamista quel gentleman che ha minacciato l’Italia in diretta tv), l’alleanza con la Cina nel Consiglio di sicurezza dell’Onu (attenzione alle posizioni delle Nazioni Unite, sempre più filo-Hamas, un altro segno di crisi delle democrazie), sono i pilastri del disegno del Cremlino che punta a cambiare l’ordine mondiale, il centro del conflitto aperto dal “resto del mondo” (di cui la Russia è la punta dell’iceberg) contro l’Occidente, un sottosopra che ha bisogno del caos per centrare il bersaglio, distruggere l’egemonia dell’ordine liberale. Siamo in uno scenario di guerra, non c’è niente da ridere.