Italia, oggi: bambini piccoli che rischiano di essere sballottati da una famiglia all’altra. Accade in Sicilia, a Ragusa, dove un bimbo di tre anni che, abbandonato dopo la nascita e affidato in preadozione a una famiglia del siracusano, ora, in virtù di una sentenza del tribunale dei minori di Catania (ma siamo al primo grado, la decisione può pertanto essere ribaltata nei successivi giudizi) che recepisce una decisione della Cassazione, potrebbe essere strappato da quelli che lui considera ovviamente i suoi genitori e riassegnato alla madre naturale. Come si è arrivati a questo frangente assurdo? Tre anni fa un commerciante di Ragusa inscenò davanti al suo esercizio di via Saragat una pantomima ributtante: diceva di avere trovato lì un neonato: il piccolo aveva ancora il cordone ombelicale. Giunti i soccorsi, il bambino fu portato all’ospedale Giovanni Paolo II, non senza rischiare la vita. Per fortuna i sanitari riuscirono a salvarlo e, dopo venti giorni, venne affidato alla famiglia di cui abbiamo detto sopra.
Presto si venne a sapere che l’uomo aveva avuto una relazione extraconiugale con una donna dalla quale già aveva avuto un figlio (la donna ne ha un altro da un’altra relazione), e il bambino “trovato” davanti al suo negozio era anch’egli frutto di questo rapporto; non trovatello dunque, ma figlio abbandonato dai genitori naturali. Il giorno stesso della sceneggiata davanti al suo negozio, infatti, il commerciante, chiamato dalla donna che aveva partorito in casa all’insaputa di tutti, si era precipitato da lei, a Modica, per sistemare la faccenda. Oggi, la madre naturale dice che non voleva abbandonarlo, ma che aveva chiamato l’uomo solo perché lo portasse in ospedale (ma perché ha partorito in casa e non in ospedale? Per la vergogna? Siamo ancora a questo punto?)
Secondo la sua versione, sarebbe stato dunque l’uomo a inventarsi la storia del ritrovamento davanti al suo negozio, e a segnare così, irreversibilmente, il destino di loro figlio. Subito dopo, quindi, Vittorio Fortunato – questo il nome dato al neonato in ospedale, nel frattempo è cambiato – è stato assegnato in preadozione a coloro che, oggi, chiama mamma e papà, e che, a seguito della decisione del tribunale dei minori, temono di perderlo. Per scongiurare una separazione che sarebbe ovviamente lacerante, i genitori affidatari hanno lanciato una petizione su Change.org che in pochi giorni ha raccolto oltre 21mila firme.
Nel testo della petizione la madre adottiva, dopo avere riassunto l’ingarbugliata vicenda, degna dei peggiori cliché sui costumi siciliani, conclude con parole strazianti: «Immaginate un bambino, che ha già subito un rifiuto in grembo e un abbandono cruento alla nascita, essere costretto a lasciare, dall’oggi al domani, tutte le sue certezze, il suo mondo, le braccia sicure e il calore di mamma e papà, gli unici affetti che abbia conosciuto, per essere inserito forzatamente in un contesto in cui tutto è estraneo compresa la persona che dovrebbe iniziare a chiamare “mamma”... Immaginate per un attimo il dolore nel cuore di un bambino così piccolo, il senso di smarrimento, la disperazione nel cercare i genitori e non trovarli più. Non c’è nulla in questa storia che sia nel miglior interesse del bambino. Ci appelliamo quindi a Voi, allo spirito di umanità e protezione che governa anche la Commissione Onu per i Diritti del fanciullo. Non vogliamo permettere che il nostro bimbo sia costretto a subire un secondo abbandono, che provocherebbe un trauma indelebile ed irreparabile. Lui conosce una sola mamma e un solo papà da sempre: noi, che lo amiamo incondizionatamente così come lui ama follemente noi».
La firma in calce è La Mamma e Papà di Miele (nome di fantasia del bambino). La sentenza del tribunale dei minori di Catania impone a questi appassionati, frementi genitori di restituire il piccolo alla madre naturale in tempi stretti: entro il 28 dicembre 2023. Sul fronte giudiziario, il padre naturale nel frattempo è stato condannato a due anni per abbandono di minore, la stessa accusa di cui è imputata anche la madre naturale, il cui processo è ancora in corso presso il tribunale di Ragusa. L’unico commento appropriato ci sembra quello di Janeth Consalvo, avvocato specializzato di diritto di famiglia, che interpellata dal quotidiano “La Sicilia” ha rilevato quanto i primi tre anni di vita siano fondamentali per la formazione di un fanciullo, e dunque «in questa situazione non ha vinto nessuno, è fallito innanzi tutto il tempo della giustizia».