Uno sciopero contro un milione di posti di lavoro in più? Per carità, non diteglielo. Maurizio Landini non sta nella pelle. Dopo aver passato gli ultimi giorni a rivendicare il suo ruolo di ultima roccaforte a difesa della democrazia e dei diritti planetari oggi inizia la sua raffica di scioperi che allungherà tutti i week end da qui al primo dicembre. E da cui si aspetta grandi cose. Certo, presi dalla foga di mettere a ferro e fuoco l’Italia per due settimane lui e il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri hanno un po’ pasticciato con le regole e sono stati costretti a fare una mezza marcia indietro sulla durata e l’intensità della protesta. Ma il morale è alto: «C’è malessere, le cose stanno venendo fuori.
Credo che le piazze saranno piene nei prossimi giorni, non siamo che all’inizio, non abbiamo nessuna intenzione di fermarci. Non ci intimoriscono né con le precettazioni né con altre iniziative con cui vogliono fermarci». Insomma, avanti tutta, la Cgil la trionferà. Quanto ai rilievi, Costituzione e leggialla mano, del Garante sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali e alla conseguente iniziativa del governo per evitare di bloccare il Paese, spiega il leader del sindacato rosso, «il tentativo è di nascondere e di non far parlare il Paese del perché stiamo scioperando».
INSABBIAMENTO
Già, ma perché stanno scioperando? Malgrado l’operazione di insabbiamento messa in atto dalle istituzioni qualcosa è trapelato. E non è affatto detto che sia un bene per il sindacato rosso. Tra i motivi della protesta, ad esempio, c’è una finanziaria che, dati di Bankitalia, il prossimo anno aumenterà in media il potere d’acquisto di tre famiglie su quattro di circa 600 euro. Ma il vero cavallo di battaglia della Cgil, o almeno quello che dovrebbe essere, considerando banalmente il fatto che si chiama Confederazione generale italiana del lavoro, è lo stato di salute dei lavoratori. E qui riesce ancor più incomprensibile decifrare i motivi che spingono il sindacato a scendere in piazza denunciando il dilagare della precarietà. Solo un paio di settimane fa l’Istat ha snocciolato dei dati sull’occupazione di settembre che dovrebbero spingere qualsiasi associazione volta a difendere i lavoratori a stappare una buona bottiglia di prosecco: il tasso di disoccupazione giovanile, vero tallone d’Achille dell’Italia, è lievemente sceso, quello generale è salito dello 0,1%, al 7,4%, ma solo perché è calato il tasso di inattività ovvero di quelli che hanno rinunciato a cercare un impiego. Il dato clamoroso è però quello sugli occupati, che secondo l’Istituto nazionale di statistica avrebbero raggiunto la bellezza di 23 milioni e 656mila. Il che significa il dato più alto dal 1977, anno in cui sono iniziate le serie storiche ricostruite dell’Istat. In altre parole, in base ai numeri conosciuti è il livello migliore di sempre. Non solo. Il risultato è stato raggiunto grazie ad un aumento di 443mila dipendenti a tempo indeterminato e al calo di 47mila lavoratori con contratti a scadenza fissata. Insomma, l’esatto contrario della precarietà che avanza.
Vabbè, ma sempre di statistiche si tratta. L’Istituto analizza un campione ed estende la rilevazione a tutto il settore. Non è detto che sia tutto rose e fiori. Vediamo allora i dati dell’Inps, sfortunatamente usciti proprio ieri, alla vigilia della grande maratona militante di Landini. L’ente previdenziale non fa statistiche, analizza nel dettaglio le comunicazioni obbligatorie sui nuovi contratti di lavoro e quelle sui rapporti cessati e calcola il risultato finale. Essendo dati reali le rilevazioni risalgono ad agosto, mala sostanza cambia poco.
DOCCIA FREDDA
Il mese estivo è andato bene, con 485mila posizioni di lavoro in più rispetto al 2022, confermando, scrive l’Inps, «un trend significativo di incremento sempre compreso negli ultimi 6 mesi tra 450mila e 500mila unità». A dare la spinta, ancora una volta, i contratti a tempo indeterminato, che rappresentano oltre i tre quarti dell’incremento e si attestano a +370mila unità. La vera doccia fredda per Landini & C. arriva però dal dato cumulato degli otto mesi, periodo in cui, secondo l’Istituto di previdenza, il mondo del lavoro ha guadagnato quasi un milione di posti. Nel dettaglio, da gennaio ad agosto ci sono stati oltre 5,77 milioni di nuovi rapporti di lavoro attivati a fronte di 4,5 milioni cessati. Basta fare una sottrazione per avere il risultato: da inizio anno ci sono 968mila assunti in più.
Ora, è chiaro che restano i problemi di sempre, i salari troppo bassi (a partire da quelli medi, che sono la vera questione), la produttività che arranca, la difficoltà di incrociare il fabbisogno di competenze delle imprese con l’offerta di lavoratori che si può trovare sul mercato. Ma questi dati aiutano a capire perché Landini preferisca parlare di riforme costituzionali, di diritti civili e di geopolitica piuttosto che di argomenti che riguardano il sindacato. Spiegare che si scende in piazza contro un milione di posti di lavoro non è facile.