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Mario Sechi: Prima della Scala, hanno confuso l'Avvento con il Carnevale

di Mario Sechi giovedì 7 dicembre 2023

2' di lettura

C’è chi ha confuso il tempo dell’Avvento con il Carnevale, passando dalla preghiera al ballo in maschera. Perché tutto è bene quel che finisce bene (si fa per dire), ma trasformare la prima della Scala in un’operetta rossa è uno sberleffo in faccia alla città di Milano, agli appassionati di musica che amano questo teatro, simbolo della nostra cultura in tutto il mondo. 

La girandola dei posti si è trasformata in un “vengo anch’io no tu no” che non era una questione di protocollo diplomatico: la senatrice Liliana Segre poteva assistere allo spettacolo dalla platea, il sindaco poteva certamente starle a fianco, rivendicando la sua “scelta politica” (quale tra le tante possibili e interpretabili? Forse quella di isolare “il destro” La Russa? ), il presidente del Senato a sua volta poteva scegliere di andare anche lui in platea. La strategia del “distanziamento” di qualcuno da qualcuno è finita per virare in commedia. Tutti sul palco! Giammai, io sto in platea! Allora così sia, tutti vicini al “popolo”, perfetto.

Sarebbe forse meglio scrivere “populismo”, perché (anche) questo è quel che traspare dall’inseguimento tra le poltrone del teatro. Imbarazzante. La cosa surreale è che nessuno nell’avviare la giostra abbia pensato alle inedite conseguenze del progetto poi colato a picco, al problema della forma che diventa sostanza: il palco reale rappresenta simbolicamente le istituzioni, è “in alto” per la dignità e il rispetto che si deve alla Repubblica, e non per distanza dal popolo, non è la torre d’avorio dell’essere superiore, è il segno del riguardo dovuto non alle persone che passano ma all’ideale che resta. 

Siamo quello che vediamo e immaginiamo, se il palco reale è vuoto, l’assente è proprio quel popolo che nelle istituzioni trova la sua rappresentanza. Il teatro alla Scala non è un luogo qualunque, ha una storia densa, colma di biografie (come racconta in modo magistrale Giordano Bruno Guerri su Libero), è la scena potente della nostra vita che scorre sul pentagramma, si fa orchestra e canto, è musica maestro! Arthur Schopenhauer diceva che la musica è il linguaggio più diretto, quello che colpisce l’anima, la prima della Scala per questa capacità di conquistare il cuore e la mente di chi ascolta dovrebbe essere il momento solenne in cui appare l’unità della nazione. Chi gioca a dividere scenda dal palcoscenico, l’operetta della politica non può suonare il trombone nel tempio dell’Opera. 

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