C’è chi ha confuso il tempo dell’Avvento con il Carnevale, passando dalla preghiera al ballo in maschera. Perché tutto è bene quel che finisce bene (si fa per dire), ma trasformare la prima della Scala in un’operetta rossa è uno sberleffo in faccia alla città di Milano, agli appassionati di musica che amano questo teatro, simbolo della nostra cultura in tutto il mondo.
La girandola dei posti si è trasformata in un “vengo anch’io no tu no” che non era una questione di protocollo diplomatico: la senatrice Liliana Segre poteva assistere allo spettacolo dalla platea, il sindaco poteva certamente starle a fianco, rivendicando la sua “scelta politica” (quale tra le tante possibili e interpretabili? Forse quella di isolare “il destro” La Russa? ), il presidente del Senato a sua volta poteva scegliere di andare anche lui in platea. La strategia del “distanziamento” di qualcuno da qualcuno è finita per virare in commedia. Tutti sul palco! Giammai, io sto in platea! Allora così sia, tutti vicini al “popolo”, perfetto.
Sarebbe forse meglio scrivere “populismo”, perché (anche) questo è quel che traspare dall’inseguimento tra le poltrone del teatro. Imbarazzante. La cosa surreale è che nessuno nell’avviare la giostra abbia pensato alle inedite conseguenze del progetto poi colato a picco, al problema della forma che diventa sostanza: il palco reale rappresenta simbolicamente le istituzioni, è “in alto” per la dignità e il rispetto che si deve alla Repubblica, e non per distanza dal popolo, non è la torre d’avorio dell’essere superiore, è il segno del riguardo dovuto non alle persone che passano ma all’ideale che resta.
Siamo quello che vediamo e immaginiamo, se il palco reale è vuoto, l’assente è proprio quel popolo che nelle istituzioni trova la sua rappresentanza. Il teatro alla Scala non è un luogo qualunque, ha una storia densa, colma di biografie (come racconta in modo magistrale Giordano Bruno Guerri su Libero), è la scena potente della nostra vita che scorre sul pentagramma, si fa orchestra e canto, è musica maestro! Arthur Schopenhauer diceva che la musica è il linguaggio più diretto, quello che colpisce l’anima, la prima della Scala per questa capacità di conquistare il cuore e la mente di chi ascolta dovrebbe essere il momento solenne in cui appare l’unità della nazione. Chi gioca a dividere scenda dal palcoscenico, l’operetta della politica non può suonare il trombone nel tempio dell’Opera.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.