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Daniele Capezzone: Elly Schlein non ha capito che è sempre lei il vero bersaglio di Giuseppe Conte

di Daniele Capezzone martedì 19 dicembre 2023

3' di lettura

Solo chi si ferma alla superficie delle cose può pensare che la sceneggiata di ieri di Giuseppe Conte fosse davvero diretta contro Giorgia Meloni. Neanche un militante grillino di strettissima osservanza (e soprattutto dotato di scarsa dimestichezza con la politica) può infatti essere così ingenuo da credere alle favolette contiane sul Mes (come se non fossero stati i suoi governi a combinare pasticci) o, ancora più avventurosamente, al fatto che possa essere un “giurì d’onore” a dirimere una questione del genere, a esprimere cioè un giudizio tutto politico sull’azione di uno o più esecutivi (materia che compete solo agli elettori nelle urne). Che si fa, la prossima volta, anziché votare, si va tutti come pubblico nel glorioso tribunale di Forum?

E allora cerchiamo di capire bene quale sia il senso della chiassata di Conte, il cui vero bersaglio è la povera Elly Schlein. Come sulla guerra tra Russia e Ucraina, come sul conflitto in Medio Oriente, come sulla giustizia, la tattica pentastellata è elementare, chiara, facilissima da decodificare, e consiste sempre - in ultima analisi nello sparare addosso al Pd. E come mai? Primo: per dare l’idea agli elettori di sinistra (comunque abbiano votato nel settembre del 2022, per i grillini o per il Pd) che solo i Cinquestelle fanno vera opposizione, mentre i dem - a un certo punto - non reggono, si fermano, si mostrano più molli e arrendevoli.

CHI FEDERA CHI?
Secondo: per negare alla Schlein qualunque legittimazione alla leadership di un’area più vasta («Federatrice? Sì, ma delle correnti Pd», ha sibilato ieri Conte, smontando con una battuta l’intera due giorni in cui, da Romano Prodi in giù, c’era stato un faticoso tentativo di accreditare un ruolo della Schlein oltre i confini del Pd).

Terzo: per tirare la corda sul piano dei sondaggi e del consenso, puntando, se non al sorpasso, per lo meno alla possibilità di rimanere a ruota dei dem, affiancati, al massimo divisi da qualche decimale, smontando così qualunque pretesa di sovraordinazione da parte del Pd.

Ora, il Pd e la sinistra non hanno certamente bisogno dei nostri consigli, nel senso che sanno benissimo sbagliare da soli. Ma ci sarà qualcuno - in quell’area politica e culturale che riconoscerà l’errore drammatico, anzi l’illusione, di divorare-assorbire-dominare i grillini? Ve le ricordate le frasi su Conte «punto di riferimento fortissimo di tutte le forze progressiste» (copyright di Nicola Zingaretti, allora segretario del Pd)? E ci sarà qualcun altro che porrà domande sull’inseguimento (anche sul piano della linea editoriale) del Fatto quotidiano da parte di Stampa e Repubblica? Risultato? È (a quel punto giustamente) il Fatto che dà la linea ai giornali del gruppo Gedi, e non viceversa. E sono i grillini a essere seguiti dal Pd, in termini di toni e di argomenti, e non viceversa.

Prepariamoci, perché da qui alle Europee il copione sarà esattamente questo, ed è tutto già scritto. Per quanti sforzi faccia la povera Elly per gridare contro Meloni, il giorno dopo a Conte basta sempre abbozzare un sorrisino e mormorare una parolina in più per far intendere che dalle parti del Pd ci si oppone troppo poco.

IL GIOCO DELLA PREMIER
E la premier in tutto questo? Con un pizzico di sadismo politico, può perfino divertirsi a seminare divisione nel campo avverso, scegliendo un giorno l’una (Schlein) e un giorno l’altro (Conte) come bersagli polemici. In Aula a Montecitorio, l’altra settimana, ha infilzato Conte. Domenica ad Atreju li ha colpiti entrambi. Mentre ieri si è concentrata di nuovo sulla Schlein sul tema rovente dell’immigrazione. L’effetto politico - sempre buono per Meloni - sarà di tre tipi. Primo: è praticamente impensabile che un solo elettore di centrodestra, seguendo battibecchi di questo tipo, si ritrovi confuso o in imbarazzo o tentato di dare ragione alle opposizioni. 

Secondo: anche come toni, alla Meloni verrà facile interpretare la parte dell’unica adulta nella stanza, della leader con posizioni più ragionevoli rispetto a minoranze divise e ululanti. Terzo: Pd e Cinquestelle continueranno a contendersi qualche voto tra loro in una logica da vasi comunicanti, ma senza alcuna capacità di allargare il bacino, di estendere il recinto, di rivolgersi ad altri segmenti elettorali. È questa la condizione - disperata ma non seria - dell’opposizione, che versa in una drammatica crisi politica. Ne prenderanno atto, prima o poi?

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