Il giorno dopo si scopre, senza sorpresa, che la decisione che avrebbe dovuto isolare l’Italia e sconquassare l’Europa turba solo il Pd e ciò che resta dei suoi cespugli. Nessun terremoto a Bruxelles, dove si guarda avanti e si pensa a come trovare un’intesa col governo di Roma. Indifferenti gli investitori e interesse prossimo allo zero nelle altre capitali e nelle testate su cui s’informa l’élite politica e finanziaria europea. La bocciatura della nuova versione del Mes, il fondo salva-Stati, ad opera del parlamento (contrari Fdi, Lega e Cinque Stelle, astenuta Forza Italia), è vissuta come un tornante della storia solo nel palazzo del Nazareno e dintorni.
Ad indignarsi sono i prevedibili noti. Romano Prodi si fa intervistare su Repubblica per puntellare la tesi della «scelta folle che isola il Paese e lo rende più debole». «Strappo con l’Europa», titola il quotidiano degli Elkann. Si ricama, come da copione, sul silenzio di Sergio Mattarella, che sul Mes continua a dire nulla, come ha sempre fatto, ma stavolta al suo non parlare si attribuiscono significati profondi.
Per il Partito democratico la riforma del Mes, come ogni altra cosa che porta impresso il sigillo Ue, è un imperativo da sottoscrivere senza discutere, se non si vuole trascinare l’Italia nell’abisso. Il capogruppo in Senato, Francesco Boccia, dà quindi il funesto annuncio che «l’Italia era stimata in Europa e oggi», dopo quel voto, «è inaffidabile». Il governatore campano Vincenzo De Luca avverte che adesso «l’Italia si presenta sola sulla scena europea», la vicepresidente della Camera Anna Ascani accusa la destra di aver scelto «una linea irresponsabile, che isola il Paese». Insomma, il mantra è questo e lo recitano anche i partitini vicini al Pd: per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, «è tornata l’Italietta».
Manca la cosa più importante: il clamore, la grande indignazione internazionale che dovrebbe seguire a un voto simile, se davvero la mancata approvazione del Mes fosse una sciagura per l’Europa e segnasse il punto più basso delle relazioni tra Roma e il resto del continente. Il caso è completamente ignorato dal Financial Times, la bibbia britannica dei banchieri e del resto della finanza europea: nulla in prima pagina, nulla in quelle interne e nulla nell’edizione digitale.
Al di là della Manica c’è Le Figaro, tendenza conservatrice: anche qui niente, la notizia estera che appassiona è la riforma dei media varata in Polonia dal premier Donald Tusk.
Le Monde è la testata di riferimento del progressismo transalpino, ma il disinteresse per la mancata ratifica del Mes è lo stesso. Nell’edizione digitale, giovedì sera, il corrispondente da Roma ha riportato la notizia senza alcuna enfasi e spiegato che la vicenda «assume una dimensione particolare in Italia, dove il discorso euroscettico storicamente descrive il fondo salva-Stati come uno strumento per porre l’economia sotto controllo e una minaccia alla sovranità italiana».
Un resoconto che non ha nulla dell’atmosfera da fine del mondo che gronda dagli anatemi dei progressisti italiani.
Similmente, sui quotidiani tedeschi non c’è traccia dei propositi truci che secondo Repubblica starebbero rimuginando a Berlino («gliela faremo pagare» e cose del genere). La Frankfurter Allgemeine Zeitung, che parla alla classe dirigente, dà molto spazio all’Italia, ma lo dedica al «weihnachtskuchen-skandal», lo scandalo del pandoro di Chiara Ferragni. Anche la Süddeutsche Zeitung, su posizioni liberali, ignora la bocciatura del Mes. Nell’edizione digitale si limita a pubblicare una fredda notizia d’agenzia, in cui si racconta il voto di Montecitorio e si ricorda che «il fondo di salvataggio resta in vigore nonostante il veto italiano». La stessa cosa che fa il giornale conservatore Die Welt. Tutto qui? Sì, tutto qui. Certo, il soccorso rosso dei socialisti europei al Pd dovrà scattare, e qualche editorialista ansioso di scrivere che in Italia c’è un duce in gonnella farà il suo compitino. Ma la catastrofe romana e continentale, l’Italia «isolata» e «pecora nera» d’Europa, è un racconto di fantapolitica che solo qui, a sinistra, qualcuno prova a spacciare per cronaca vera.