«Una totale equiparazione dei doveri senza una corrispettiva equiparazione dei diritti è assurdo». Paolo Miccoli è il presidente di United, l’associazione di rappresentanza delle università italiane telematiche e digitali. È uno di quei docenti pazienti che parlano chiaro: «Si tratta di due forme di didattica diverse e bisogna tenerne conto».
Professor Miccoli, partiamo dal dato politico. Dall’emendamento della Lega al decreto Milleproroghe che dovrebbe consentire un anno in più alle università telematiche per adeguarsi agli standard delle tradizionali. S’è sollevato un mezzo polverone, che ne pensa?
«È stato ritenuto una sorta di “regalo”, non è così».
In che senso?
«Le università digitali rivestono un ruolo sempre più importante; eppure, a differenza di quelle presenziali, non sono supportate dallo Stato. Dobbiamo però fare un passo indietro, per chiarire meglio. Col decreto ministeriale 1154 del 2021 (governo Draghi, ndr) è stato imposto alle università telematiche di avere lo stesso rapporto docenti-studenti che hanno quelle tradizionali. È un elemento discriminante».
Perché?
«Non si possono paragonare le due didattiche: quella telematica si basa sulla deposizione di lezioni in una piattaforma digitale che le rende sempre disponibili agli studenti. Questo aspetto è stato totalmente ignorato e senza prevedere un corrispettivo di reciprocità, cioè senza consentire alle telematiche di erogare la didattica in presenza. È corretto avere un certo rapporto docenti-studenti nelle università presenziali perché ci sono aule e personale che dev’essere ripartito. Ma è assurdo per le telematiche. È qui che, per noi, il decreto è ingiusto».
La Lega ha chiesto una proroga per l’adeguamento, s’è innescata la polemica...
«Non è per niente scandaloso, nonostante gli attacchi di una certa stampa. Lei lo sa cosa rappresentano le università telematiche? Oltre il 10% delle lauree italiane. Sono in massima parte private, certo. Ma non ricevono contributi pubblici».
Sono in aumento?
«Hanno avuto un incremento straordinario a cavallo del Covid, ma il rialzo è continuato anche dopo, tanto che oggi si inseriscono come un attore fondamentale nel sistema della formazione terziaria».
Cioè la dad non ha influito?
«La dad è un nostro “marchio di fabbrica”, ma attenzione: non la facciamo in sincrono come hanno fatto le presenziali nel 2020, non avrebbe senso. Nelle università telematiche è lo studente che si collega e che ascolta la lezione quando vuole, che può far riferimento al tutor e fa gli esami quando si sente preparato. È la didattica del domani. Di più».
Di più?
«Mentre le immatricolazioni per le presenziali, nell’ultimo periodo, hanno ristagnato e in molte regioni del Sud sono addirittura regredite, quelle telematiche hanno tamponato l’effetto. Nella panoramica generale l’Italia risulta abbia avuto un incremento. E tenga presente che il nostro Paese è il fanalino di coda riguardo alla percentuale di laureati in Europa, viene immediatamente prima della Romania».
Ieri il Consiglio di Stato ha invitato il legislatore a rivedere il quadro normativo. Che significa?
«Va in questa direzione, si riconosce l’attuale ruolo delle telematiche predisponendo metodi di verifica e di valutazione delle loro attività».