Elly Schlein
I lettori di Libero ormai conoscono bene l’algoritmo che regola le dichiarazioni e gli interventi di Elly Schlein: una metà delle cose che dice non si capiscono, l’altra metà sono sbagliate. Ecco, ieri era il giorno di quelle sbagliate, nel senso che Elly, rispondendo a un’intervista di Giuseppe Conte sul Corriere della Sera, ha chiosato: «Non mi vedrete mai litigare con nessuno (ndr: delle opposizioni): il mio nemico è la destra». Alcuni, fermandosi alla forma, si sono sorpresi per l’uso della parola “nemico”. Ma come? Anni di veltronismo per raccontare che non esistono “nemici” ma solo “avversari”, e poi all’improvviso si scivola sulla buccia di banana della radicalizzazione demonizzante?
Ma noi non ci scandalizziamo affatto per questo, meno che mai per l’uso di una parola che peraltro fa parte delle teorizzazioni politiche più note. Intendiamoci: dubito che Schlein, riunita con Marco Furfaro, il caposardina Mattia Santori e Chiara Valerio abbia deciso di ricorrere alla dialettica amico-nemico tratteggiata a suo tempo da Carl Schmitt. Diciamo che è più probabile che a Elly sia semplicemente sfuggito ciò che ha davvero nel cuore: nel suo mondo fatato e fucsia, la “destra” (varianti: “la destra estrema”, la “destra-destra”) è “cattiva” per definizione. Si sa: loro, a sinistra, sono buoni-empatici-caring; noi, da quest’altro lato, siamo cattivi-insensibili-nasty.
Insomma, calcisticamente parlando, la Schlein ieri ha deciso di tirare forte. Il problema è che ha clamorosamente sbagliato porta, nel senso che non ha capito bene chi sia il suo vero “nemico”. Gentile Elly, le riassumiamo qui il quadro della questione. La sua vera “nemica” non è Giorgia Meloni, la quale – pur feroce avversaria – le ha offerto un’ancora di salvezza, proponendole un dibattito a due e una polarizzazione della campagna elettorale che oggettivamente gioverebbero proprio a un Pd altrimenti esangue e senza baricentro. E chi è allora il vero “nemico”? Elementare, Watson: è proprio quello che lei, cara Elly, che – ci perdoni – di politica non sembra masticarne moltissima, scambia per “amico”, e cioè Giuseppe Conte. Anche un bimbo comprende che tutte le chiassate del capo grillino hanno proprio il Pd come bersaglio.
Dalla guerra tra Russia e Ucraina al conflitto in Medio Oriente, passando per la giustizia e per ogni altro tema, la tattica pentastellata è elementare, chiara, facilissima da decodificare, e consiste sempre – in ultima analisi – nello sparare addosso al Pd. E come mai? Primo: per dare l’idea agli elettori di sinistra (comunque abbiano votato nel settembre del 2022, per i grillini o per il Pd) che solo i Cinquestelle fanno vera opposizione, mentre i dem – a un certo punto – non reggono, si fermano, si mostrano più molli e arrendevoli. Secondo: per negare alla Schlein qualunque legittimazione alla leadership di un’area più vasta.
Ieri Conte è stato chiarissimo al riguardo, quando ha sibilato: «Oggi non funziona più lo schema dei satelliti che ruotano attorno al Pd». E ancora, per chi non avesse ancora capito: «Nel Pd esiste ancora, in alcuni, un riflesso condizionato. La memoria di un passato in cui quel partito aveva una vocazione maggioritaria e una pretesa egemonica». Come dire: se e quando si farà una società, le parti saranno 50 e 50, anzi i grillini puntano apertamente al 51% della futura coalizione progressista. Morale: da qui al 9 giugno, data delle Europee, i grillini tireranno la corda sul piano dei sondaggi e del consenso, puntando, se non al sorpasso, per lo meno alla possibilità di rimanere a ruota dei dem, affiancati, al massimo divisi da qualche decimale, smontando così qualunque pretesa di sovraordinazione da parte del Pd.
Prepariamoci, perché da qui alle Europee il copione sarà esattamente questo, ed è tutto già scritto. Per quanti sforzi farà la povera Elly per gridare contro Meloni, il giorno dopo a Conte basterà abbozzare un sorrisino e mormorare una parolina in più per far intendere che dalle parti del Pd ci si oppone troppo poco. Da questo punto di vista, un’elementare valutazione politica e di opportunità suggerirebbe alla Schlein di prendere atto di come Conte la stia sistematicamente infilzando. Risultato? Il Pd non riesce né a fare l’alleanza con i grillini, come si vede in Piemonte, né a costruire una coalizione ancora più ampia.
Gentile Elly – perdoni la brutalità – lei non dispone né del “campo stretto” né del “campo largo”. Dunque, le converrebbe scommettere oggi su qualche mese di protagonismo del Pd (senza farsi trainare da Conte o da Landini) per essere domani in grado di negoziare meglio le sue future alleanze, da una posizione di minor debolezza. Ecco perché Meloni – pur avversaria – non è oggi la sua vera nemica, cara Elly. Ed ecco perché Conte – pur suo futuro probabile alleato – è oggi la sua insidia maggiore. Scusi se ci siamo permessi di offrirle una consulenza amichevole, ma la sua condizione ci pare così disperata che vorremmo cercare di salvarla: da se stessa e pure dagli “amici” che si è scelta. Cordialità.