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Sechi: Biden non ha l'età. Il giocattolo Usa si è inceppato

sabato 10 febbraio 2024

5' di lettura

Spente le luci di Sanremo, il momento onirico finirà e le chiavi della Repubblica saranno riconsegnate alla realtà. Che succede? Quattro miliardi di persone in 62 Paesi vanno al voto nel 2024, due sono le scadenze più importanti in agenda: nei primi giorni di giugno, l’elezione del Parlamento europeo; all’inizio di novembre la scelta del presidente degli Stati Uniti. L’Occidente ha un doppio appuntamento con il destino e il voto americano si sta profilando in tutta la sua tragica grandezza. Siamo a una riedizione dello scontro del 2020, Joe Biden cerca un secondo mandato, Donald Trump si lancia verso un clamoroso ritorno alla Casa Bianca. I candidati insieme sommano la bellezza di 158 anni (Biden 81 e Trump 77), siamo di fronte a un campionato mondiale di senilità che non ha riscontro in nessuna democrazia. Per dare un’idea della stranezza della situazione: Giorgia Meloni (47), Rishi Sunak (43) e Emmanuel Macron (46), insieme contano 136 anni. Questi calcoli bio -aritmetici ci dicono tutto sulla crisi americana, improvvisamente gli Stati Uniti sono incapaci di esprimere nuove leadership. Notare bene: il blocco del ricambio generazionale avviene dopo due mandati di Barack Obama, un presidente giovane, il primo nero alla Casa Bianca. Fu una rivoluzione, ma poi qualcosa si è inceppato. Cosa è successo?

Una politica tesa a rimarcare il discorso tra “noi e loro”, estremizzata dallo stesso Obama (e dalla moglie Michelle), poi sfociata nel movimento del “Black Lives Matter”, ha provocato la reazione dell’America conservatrice, il risveglio dell’America della Red Nation che era stata imbrigliata con il lazo texano e diplomazia washingtoniana dalla famiglia Bush e dal gruppo dei “Vulcans”, di cui facevano parte figure eccezionali come Dick Cheney, Donald Rumsfeld e James Baker. Quei tempi finiscono in un lampo quando sulla scena compare lui, l’uomo del Maga. Uno shock non solo per i democratici, visto che il Grand Old Party, il vecchio Partito repubblicano, è sepolto. Nel 2016 l’elezione di Donald Trump colse tutti di sorpresa, ma quella vittoria non fu un episodio, era l’inizio di una fase politica nuova e nello stesso tempo nota, uno dei tanti cicli della storia americana: un uso più intenso dell’arma dei dazi (anche da parte di Obama), un ripiegamento dello strumento militare e un disimpegno dal Medio Oriente incentivato dalla raggiunta autonomia energetica nel settore dell’Oil & Gas, una valanga di dollari (helicopter money) per frenare la delocalizzazione delle imprese. Con Obama e poi con Trump abbiamo assistito a un generale ripiegamento, l’America è tornata a essere una superpotenza riluttante. Trump otto anni fa colse quel sentimento nell’aria, tra la Rust Belt e la Sun Belt, e rispolverò il “Forgotten Man”, l’uomo dimenticato, l’immagine lanciata da Franklin Delano Roosevelt in un celebre discorso alla radio il 7 aprile del 1932. Erano gli anni della Depressione e il New Deal rooseveltiano aveva bisogno di un simbolo per trasmettere fiducia al popolo americano. L’uomo dimenticato che come in un racconto dell’eterno ritorno riappare con Trump. Comizio. cappellino rosso. Maga. È il (Re)Make America Great Again.

I DUE SFIDANTI E ora? Trump è inseguito dai giudici, ma questa caccia ha avuto un solo effetto: ha rafforzato il suo consenso e convinto la base repubblicana a spingerlo verso la sfida con Joe Biden. Il presidente in carica spera nel bis, è convinto di poter battere di nuovo Trump, ma in realtà Biden deve sconfiggere il vecchio Joe, dimostrare agli americani che non è un uomo anziano senza energia e memoria. Nell’indagine sui documenti segreti trattenuti illegalmente nel garage della sua abitazione, lo “special counsel” ha assolto Biden e nello stesso tempo lo ha condannato alla... sua vecchiaia, definendolo un «anziano con poca memoria». Ora immaginate la prima potenza mondiale - e il “Commander in Chief” - in mano a un dottor Stranamore che dimentica il nome del capo di Stato con il quale è al telefono. Biden è quello che attiva i codici della valigetta nucleare. Può correre per la presidenza degli Stati Uniti? Lui assicura che sta bene, ma le sue esibizioni in pubblico sono diventate un impietoso spettacolo di decadenza.

Voglio esser chiaro: l’età, l’esperienza, la maturità, la saggezza, sono valori incontestabili. E Biden essendo l’unico capo di Stato in carica che ha vissuto gli anni della Guerra Fredda è un prezioso testimone, una garanzia di equilibrio. Il problema è che lui a non averlo più, l’equilibrio. Come fugare il sospetto che intorno al presidente ci sia una cintura di sicurezza che decide al suo posto la politica nazionale e quella mondiale? Questo non può essere il “new normal”, l’America ha bisogno di un leader. Gli Stati Uniti non sono l’Unione Sovietica dei tempi post-brezneviani, con l’Andropov di turno dove il declino poteva essere lentissimo e completamente oscurato o velocissimo come un “raffreddore sovietico”. I Democratici sono a un bivio. E i repubblicani, vista la debolezza del presidente, studiano la mossa per rimuoverlo con il 25° emendamento, la norma della Costituzione americana che regola la successione alla presidenza in caso di morte, destituzione, dimissioni o incapacità. Attenzione, è lo stesso emendamento che i democratici hanno tante volte evocato per defenestrare Trump durante il suo mandato alla Casa Bianca. Boomerang in arrivo. In questo affascinante gioco d’incastri, la Costituzione dei Padri Fondatori è un sofisticato arsenale. A sua volta, Trump (che appare anch’egli meno brillante di quello di un tempo) deve difendere la sua candidatura dall’utilizzo di un altro emendamento, il 14°, che impedirebbe a The Donald di essere eleggibile perché ha preso parte a un’insurrezione. Un’accusa da Confederato. Nel caso di Trump la rivolta sarebbe quella del 6 gennaio 2020. Il Colorado ha escluso Trump dalla corsa presidenziale in base a questa norma, ma la questione è arrivata fino alla Corte Suprema. Cosa deciderà? La Corte è scettica su un’esclusione di Trump (e segretamente lo sono anche alcuni strateghi democratici che avvertono il rischio della trasformazione di Trump in un martire); è stato il presidente John Roberts a far brillare il paradosso esplosivo di uno Stato che altera la corsa presidenziale sostituendosi di fatto al potere federale. Siamo di fronte a un epico racconto dove la storia, la legge dei Padri Fondatori, la politica, lo spettacolo, i campi di girasoli dell’Ohio e le spiagge bianche della Florida, l’America del ranch e quella del grattacielo, si combattono per la conquista del potere.

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