Se non un mea culpa, di sicuro una brusca correzione della linea tenuta da tempo. Colpisce sentire Augusto Barbera condannare, davanti a Sergio Mattarella, le «interpretazioni costituzionalmente orientate» dei giudici di merito. Ovvero l’abitudine che certe toghe hanno di piegare o non applicare le leggi, nella convinzione di aderire così ai valori della Costituzione. Colpisce anche perché la Corte Costituzionale, per decenni, ha incoraggiato questo comportamento. Ma adesso, avverte il suo presidente, «troppa grazia sant’Antonio»: l’andazzo ha finito per produrre una «più o meno grave disapplicazione di disposizioni legislative, persino da parte di giurisdizioni superiori», una «risposta incompatibile con la Costituzione stessa».
Parole dure e inusuali per il palazzone della Consulta, a conferma che certi giudici hanno passato il segno. I nomi? Barbera non ne fa, ma indica gli estremi di un caso che corrisponde alla sentenza con cui Iolanda Apostolico ha rifiutato di applicare il decreto Cutro.
UN DOVERE MANCATO
Il presidente della Corte Costituzionale ha parlato dinanzi alle alte cariche dello Stato, leggendo una relazione annuale che come sempre parte dai dati: nel 2023 la Consulta ha assunto 229 decisioni, 41 in meno rispetto all’anno precedente. Lo si deve soprattutto al decremento del contenzioso tra Stato e Regioni, «verosimilmente imputabile ai meccanismi di raccordo politico fra governo e Regioni, che permettono loro di mediare tra le reciproche posizioni». C’è stato anche, però, un «alleggerimento delle questioni in via incidentale», ossia dei casi in cui il giudice chiede alla Consulta di vagliare la legittimità costituzionale di una legge che è chiamato ad applicare in una causa. E questa non è una buona notizia.
Perché le «problematiche costituzionali» che finiscono all’attenzione dei magistrati sono sempre tante e «più vive che mai, sotto l’effetto di molteplici spinte politiche e sociali». Ma alcuni giudici, anziché rivolgersi alla Corte, come sarebbe loro «dovere», preferiscono fare da soli, esibendosi in una «attività interpretativa orientata direttamente ai valori costituzionali (o ritenuti tali)» delle leggi che sono chiamati ad applicare. Costituzionalisti fai-da-te, insomma. Un modo di operare che, tra l’altro, può produrre «soluzioni contrastanti», mentre l’ordinamento «richiede un giudizio di legittimità costituzionale destinato ad operare non solo nel caso singolo, ma erga omnes, proprio a garanzia della “certezza del diritto”».
È necessario, quindi, scandisce Barbera nel passaggio più duro, che «il ruolo fondamentale che il giudice comune può e deve esercitare» sia ricondotto «ai limiti della sua sfera di competenza, allontanando quegli “eccessi valoriali” da cui talvolta non pochi di essi si sentono pervasi». Anche perché chiamare in causa i giudici costituzionali, insiste, «non è di certo una funzione minore», visto che in passato sono state proprio le ordinanze di remissione dei pretori a portare «alle tante conquiste di civiltà giuridica del nostro Paese». Alla richiesta dei giornalisti di indicare casi specifici in cui si sono visti giudici «pervasi da eccessi valoriali», Barbera risponde che non può farlo, perché alcuni di quei casi «sono tuttora in corso davanti agli organi di giurisdizione. C’è stato un rinvio in Cassazione, la Cassazione ha chiesto in via pregiudiziale il parere della Corte di giustizia europea, la Corte di giustizia ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per derogare alle procedure normali, eccetera».
IL CASO APOSTOLICO
È la descrizione del caso che ha visto Apostolico, giudice di Catania, rifiutarsi di applicare il “decreto Cutro”, anziché rivolgersi alla Consulta. Dopo poco, a domanda simile, Barbera indica il caso di «un testo di legge approvato magari qualche settimana prima dal parlamento, al quale si ritiene di dover contrapporre una propria visione dei valori costituzionali». Proprio quello che Apostolico ha fatto col “decreto Cutro”. Anche ieri, come la Consulta aveva già fatto in passato, Barbera ha auspicato l’approvazione di una legge sul fine vita (citando il «caso Cappato») e di una legge sulla «condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso». Il silenzio del parlamento, ha avvertito, «sta portando nel primo caso a numerose supplenze delle assemblee regionali; nel secondo, al disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci preposti ai registri dell’anagrafe».
Il presidente della Consulta ci tiene a chiarire che non si tratta di un’invasione di campo, ma dell’esatto contrario: sta chiedendo alle Camere di non costringere lui e gli altri giudici delle leggi a decidere. Rimarca che la prerogativa di disciplinare quei casi «compete al legislatore», ma se questo resta inerte. obbliga la Corte «a procedere con una propria e autonoma soluzione». Ricordando gli «atroci casi di femminicidio» e «le agghiaccianti morti sul lavoro», Barbera ha annunciato poi che su queste ultime la Consulta avrà «diverse occasioni» per intervenire, perché alla sua attenzione sono già state portate alcune leggi sui contratti pubblici e sugli appalti. «Si potrà porre la questione: fino a che punto il decentramento produttivo negli appalti è legittimo?». Possibili novità in arrivo sulla normativa dei subappalti, quindi.
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.