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Daniele Capezzone: Silvio Berlusconi, l'ultimo lascito a chi non lo ha mai capito

di Daniele Capezzone lunedì 25 marzo 2024

4' di lettura

Le foto delle lettere pubblicate dal “Corriere” Ha destato grande emozione l’intervento di ieri sul Corriere della Sera di Marina Berlusconi. Si tratta, per l’esattezza, della prefazione al nuovo libro di Paolo Del Debbio (“In nome della libertà. La forza delle idee di Silvio Berlusconi”), in uscita per le edizioni Piemme il prossimo 9 aprile. È – quello di Marina Berlusconi – un racconto umanissimo e politicissimo. Umanissimo, perché stiamo parlando di uno degli ultimi momenti condivisi con suo padre.

Siamo al 10 giugno 2023, due giorni prima della morte di Silvio, e l’episodio è così significativo da rappresentare un passaggio di testimone, non solo un congedo. Ed è anche una testimonianza politicissima, perché un uomo ormai stanco e provato chiede carta e penna e scrive quattro pagine semplici, essenziali, in cui fissa e sintetizza il cuore della missione di Forza Italia.

SENZA RESPIRO
«Finì la prima pagina, me la passò, lessi e mi cascò il mondo addosso», ricorda la figlia. «Perché mi resi conto che quello che stava scrivendo era il suo lascito ideale, il suo testamento, la sintesi delle convinzioni e dei valori che lo avevano sempre accompagnato. Lui continuò a scrivere, e quando ebbe finito chiese di essere riaccompagnato a letto. Io restai lì impietrita, facendo finta di non aver compreso quello che entrambi avevamo compreso benissimo». E ancora: «Quelle quattro pagine le ho poi lette e rilette decine di volte, me le sono rigirate tra le mani per ore, per giorni, e ogni volta mi manca il respiro. Sono un ricordo molto privato, ma io credo ma io credo sia giusto non rimangano soltanto un ricordo privato».

L’episodio è così intenso e carico di significati da non richiedere particolari commenti. Eppure c’è qualcosa in più che forse si può cogliere nello sforzo finale di un uomo, giunto al termine della sua eccezionale parabola, che sente l’esigenza di mettere nero su bianco un’ultima testimonianza solare, positiva, rotonda. Silvio Berlusconi era certamente una persona dotata di una tempra fuori dall’ordinario, ma credo di sapere quanto fosse stato ferito dalle incessanti campagne di mostrificazione di cui era stato oggetto.

Mi rivolgo ai lettori di Libero: non ci si faccia ingannare da qualche “pausa” imposta dalle circostanze, e meno che mai da qualche lacrimuccia di coccodrillo, tipo quelle spese da tanti nel giugno scorso dopo la morte di Berlusconi. In realtà i suoi oppositori lo detestavano, e gli hanno fatto di tutto per un trentennio. Poi – in occasione della sua scomparsa – in troppi hanno cercato di veicolare la bella retorica degli “avversari leali”, insieme alla narrazione (autoassolutoria) di un rapporto duro ma tutto sommato civile con il Cav.

Se proprio vogliamo essere benevoli ai limiti dell’ingenuità, si può al massimo credere a una doppia sincerità dei nemici di sempre di Berlusconi: forse sinceri nel trasmettere un messaggio di condoglianze in una giornata di lutto, ma soprattutto sinceri per tre decenni nel perseguitarlo con ogni mezzo. Ai suoi odiatori occorrerebbe chiedere non un suo ricordo (accomodato e “aggiustato” – a posteriori – dal desiderio di non apparire spietati), ma far loro qualche domanda sul metodo usato contro di lui. E potenzialmente contro ogni soggetto sgradito. Metodo rilanciato peraltro anche post mortem, visto che, a pochissime settimane dai funerali del Cav, è ripartita la macchina (mediatica e investigativa) che tenta di imputargli fantomatiche responsabilità nientemeno che rispetto alle stragi di mafia del 1993: ipotesi su cui proprio la figlia Marina Berlusconi ha espresso già la scorsa estate un sacrosanto sdegno.

MALAFEDE
Ancora meno credibili sono poi alcuni ex avversari che ora – a posteriori – lo descrivono come un uomo di dialogo. Ecco, che la malafede giochi un ruolo decisivo lo testimonia ampiamente un episodio avvenuto il 25 aprile del 2009, quando Berlusconi pronunciò a Onna un memorabile discorso di pacificazione, toccando anche i sentimenti dei partigiani presenti: si trattò (oggi lo riconoscono tutti) del momento forse più alto della parabola politica e istituzionale di Berlusconi. Ah sì? Peccato che nelle settimane immediata¬mente successive a quel discorso, proprio mentre il Cav era al vertice di ogni sondaggio, si scatenò una furiosa campagna mediatica, politica e giudiziaria contro di lui, nella quale non gli fu risparmiato nulla in termini di attacchi personali e rivelazioni private: un autentico massacro. Capito come funziona il “rituale” della riconciliazione nazionale? Uno tende la mano e gli altri gliela mozzano.

A maggior ragione, dunque, il ricordo lasciato a verbale dalla figlia Marina ha un elevato valore pubblico, e non solo una dimensione privata. E quella prefazione, oltre alle quattro pagine vergate personalmente dal Cav, saranno due ulteriori ragioni per affrettarsi a leggere il libro di Paolo Del Debbio.

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