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Sandro Iacometti: Tagli e fuga all'estero, Landini scopre il vero John Elkann

di Sandro Iacometti venerdì 29 marzo 2024

Maurizio Landini

3' di lettura

Quando, nel 2021, gli Agnelli -El kann decisero di offrire la Fiat in pasto ai francesi dando vita a Stellantis, Maurizio Landini parlò, senza pensarci più di tanto, di «opportunità». Un giudizio dato a caldo, forse avventato. Quello a freddo, però, ha tardato assai ad arrivare. E non è proprio un caso. Il sindacalista barricadero e antigovernativo aveva bisogno di palcoscenici da cui lanciare le sue perenni invettive antigovernative e i quotidiani del gruppo Gedi (sempre degli Elkann), trasudanti ostilità (per non dire altro) nei confronti dell’esecutivo era quanto di meglio si potesesse avere. Così, intervista dopo intervista (con frequenze sempre più impressionanti), di Stellantis il segretario della Cgil non si è più occupato. La produzione in Italia è scesa dal milione di auto del 2017 alle 750mila del 2023? Pazienza, ci sarà tempo per recuperare. I marchi Fiat traslocano in Polonia, Marocco e Algeria? Vabbè, non tutte le ciambelle riescono col buco. Anche sui circa 7mila lavoratori Stellantis spariti dalle fabbriche italiane nei primi anni di vita della casa automobilistica, malgrado le continue denunce della Fiom, Landini non ha mai avuto molto da ridire.

Ma la doppia bordata di 3.500 esuberi arrivata in due giorni, peraltro consentita da accordi sindacali non firmata dal sindacato rosso dei metalmeccanici, è in qualche modo riuscita a svegliarlo dal torpore. Certo, le sue priorità restano i referendum contro il jobs act e i subappalti, la lotta contro l’autonomia differenziata, la difesa della Costituzione, dei diritti civili, dei migranti e delle donne vittime del patriarcato e del maschilismo tossico.

PATRIARCATO
Però un pensiero è andato anche a ciò che sta succedendo nella principale azienda manifatturiera del Paese. Siamo di fronte, ha detto il sindacalista, ad un «segnale negativo, perché anziché discutere di quello che è il piano industriale, di quelli che sono gli investimenti, continuiamo ad avere provvedimenti che incentivano le persone ad andarsene e questo rischia di mettere in discussione il futuro stesso degli stabilimenti. Già adesso siamo di fronte a una sottoutilizzazione, gli stabilimenti in Italia possono arrivare a produrre un milione e mezzo di auto e ora se ne stanno producendo meno di cinquecentomila, è chiaro che una prospettiva di questa natura preoccupa». Landini ha ricordato anche che per il 12 è stato proclamato uno sciopero a Torino da tutti i sindacati dentro Stellantis. «Uno sciopero e una manifestazione proprio perché non si stanno avendo risposte e c'è bisogno che anche il governo agisca e faccia finalmente questo tavolo e si apra una trattativa, non degli incontri per sentire raccontarsi delle storie, vogliamo capire seriamente che investimenti si fanno, che produzioni si fanno e come si investe nell'innovazione anche nel nostro paese».


FRITTATA FATTA
Il problema è che la frittata è già fatta. E il tavolo del governo è convocato per il 3 aprile, ben prima dello sciopero. All’appuntamento gli Elkann arriveranno con le prove concrete di quanto aveva minacciato qualche tempo fa il ceo del gruppo Carlos Tavares. E cioè che in mancanza di adeguati incentivi la riduzione della produzione e degli organici in alcuni stabilimenti, a partire proprio da Mirafiori, sarebbe stata inevitabile. Poi lo stesso Tavares in alcune interviste ha anche illustrato le magnifiche prospettive dell’automotive in Italia, che resta centrale per le strategie di Stellantis. Ma la strategia, vedendo cioò che è successo nell’ultima settimana non sembra affatto cambiata. Il manager e gli azionisti del gruppo sono innamorati del nostro Paese. Ma dopo i 220 miliardi intascati negli anni dalla Fiat, per continuare ad esserlo ne serviranno degli altri.

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