Finora la conquista delle istituzioni europee da parte della “rivoluzione dei diritti” sembrava ormai cosa fatta. Pareva che nessuno osasse scommettere contro l’ineluttabilità del declino incombente sulle popolazioni dei 27 Stati membri dell’Ue, demoralizzate e perciò votate all’estinzione da un inverno demografico aggravato dalla scomparsa delle politiche familiari, giudicate discriminatorie nei confronti delle minoranze. Tutti rassegnati, tranne il Papa che, prima ancora della formazione delle liste per il Parlamento Ue, lancia un appello perla dignità dell’uomo. E chiama a sostenere una battaglia indipendentemente dal risultato previsto. È un confronto culturale, prima di tutto, per il quale il documento del dicastero per la Dottrina della Fede, Dignitas infinita, fornisce la strumentazione argomentativa necessaria per non trovarsi disarmati di fronte a una propaganda onnipervasiva sui mezzi d’informazione, nelle piazze e perfino nelle scuole. Poi, in una fase successiva, ma imminente, c’è anche il voto. E anche dall’esito delle elezioni dipenderà il futuro della civiltà occidentale.
Spetta agli europei decidere a chi accordare la propria fiducia. Chi si candida, invece, sappia che dovrà misurarsi con pratiche come l’aborto, l’eutanasia e il suicidio assistito, l’ideologia gender e l’utero in affitto. Temi che riguardano la coscienza personale dei singoli individui, ma anche un continente intero, dove le scelte dei singoli impattano sulla forma data alla società e sul suo futuro. C’è il rischio di farsi catalogare fra i reazionari e i fascisti quando si osa promuovere il matrimonio fra un uomo e una donna come il luogo naturale per l’educazione dei figli.
Da qui il timore di lottare in nome dei “princìpi non negoziabili” che si giudicavano armi spuntate e relegate per sempre nelle soffitte o nei sotterranei del Vaticano. Per un’intera legislatura, gli emicicli di Strasburgo e Bruxelles hanno prodotto una mole di risoluzioni contrarie alla vita, ma ispirate dall’agenda lgbtq+. Fra tutte, quella del 24 giugno 2021, dove si afferma che «uomini transgender e persone non binarie possono essere in stato di gravidanza», si condannano le «leggi fortemente restrittive che vietano l'aborto» in alcuni Paesi, così come l’«omissione nei programmi di educazione sessuale della diversità dell'orientamento sessuale, l'identità di genere». In Francia, l’interruzione di gravidanza si è trasformata in un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione, e in più il presidente della Repubblica Emmanuel Macron intende esportarlo in tutta l’Unione Europea. L’eutanasia è già una realtà in alcuni Paesi comunitari. E qualcuno tenta di sostituire la gravidanza naturale con l’utero in affitto. Si attendono segnali, anche prima della Manifestazione Nazionale per la Vita, che si terrà il 22 giugno a Roma. Il coraggio uno non se lo dà, ma il totalitarismo gender stavolta non lascia alternative.