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Daniele Capezzone: il terrorismo paga sempre, un tragico bilancio a sette mesi dal 7 ottobre

di Daniele Capezzone venerdì 3 maggio 2024

3' di lettura

Sembra trascorsa un’eternità, ma tra quattro giorni, il 7 maggio prossimo, saremo giunti a sette mesi esatti dalla tragedia del 7 ottobre, cioè da quell’azione criminale di Hamas che causò – in un fazzoletto di ore – 1400 morti israeliani di tutte le età, 5mila feriti, centinaia di donne stuprate, 240 rapiti. È forse superfluo ripetere qui su Libero (ma altrove è sacrosanto e massimamente necessario farlo) che si è trattato della più devastante e accuratamente pianificata strage anti -ebraica dai tempi dell’Olocausto.

Adesso è venuto il momento, con una distanza temporale che già consente un minimo di freddezza nell’analisi, di tirare qualche somma sugli eventi verificatisi da allora a oggi, sulla reazione della comunità internazionale, sulla situazione sul campo a Gaza, insomma su dove siamo oggi. Proviamo a sintetizzare l’essenziale in otto punti.

Primo. La Corte internazionale dell’Aja, che già – incredibilmente – si era riservata la facoltà di decidere sulle accuse di “genocidio” avanzate dal Sudafrica contro Israele, ora lascia perfino aleggiare la minaccia di un mandato di arresto nei confronti dei capi dello Stato ebraico, incluso il premier Benjamin Netanyahu. Secondo. Tutta la pressione politica della comunità internazionale, dall’amministrazione Biden all’ineffabile Altro Rappresentante Ue Josep Borrell, è volta a frenare l’azione militare di Israele, di fatto con la conseguenza oggettiva di lasciare ad Hamas l’ultima roccaforte di Rafah.

Terzo. Le università di mezzo Occidente esplodono e ribollono di odio anti-israeliano e non di rado esplicitamente antisemita. Fateci caso: non ci sono mai le bandiere del paese in cui le manifestazioni avvengono (Usa, Uk, Italia, ecc), ma in compenso garriscono i vessilli palestinesi.

Quarto. I giovani protagonisti di queste manifestazioni sono favorevoli – a casa propria – all’esercizio del dissenso politico, ai diritti delle donne, ai diritti lgbt. Bene (cioè male): o per ignoranza o per cattiva coscienza, costoro sembrano però ignorare il fatto che il regime iraniano – sponsor e avvelenatore dell’intero Medio Oriente – reprima nel sangue il dissenso dei loro coetanei, pratichi la segregazione delle donne e la persecuzione delle persone omosessuali. Di più: con una sorta di sberleffo, l’Iran (e l’Onu) protestano contro gli Usa per il trattamento che le forze di polizia starebbero praticando ai danni dei poveri studenti americani. Chiaro, no? A Teheran si uccide allegramente chi manifesta: ma da lì si fanno partire comunicati a favore delle proteste in Occidente. Quinto. Nelle manifestazioni qui in Occidente, il grido di battaglia è from the river to the sea, Palestine will be free. Traduzione: occorre cancellare Israele dalla cartina geografica, negandone perfino il diritto all’esistenza, in singolare ma fattuale coincidenza con uno degli obiettivi statutari di Hamas.

Sesto. La famigerata agenzia Onu Unrwa, che ebbe propri dipendenti coinvolti nel pogrom del 7 ottobre e che – nella migliore delle ipotesi – non si era accorta per tempo di ciò che accadeva, sta per tornare a ricevere regolari e pubblici finanziamenti da parte di diversi Stati occidentali. Come se non fosse successo nulla.

Settimo. In Palestina, l’Anp non condanna in modo netto e definitivo i fatti del 7 ottobre: ma, nonostante tutto questo, è in piena accelerazione il tentativo di diversi Stati europei di riconoscere a tutti gli effetti la Palestina. Ottavo (e siamo all’ultima stazione di un viaggio dell’orrore). Hamas dice no a qualunque ipotesi di trattativa con Gerusalemme e – par di capire – non è in grado di garantire (o non vuole farlo) la restituzione nemmeno di 20 o 30 ostaggi vivi. Che conclusione se ne deve trarre?

Ahinoi, che il terrorismo – nell’anno 2024 – funziona, centra obiettivi, “paga”. E che il nostro Occidente è letteralmente senza bussola: non sa più riconoscere il nemico nemmeno quando – dalla parte opposta – viene apertamente dichiarata la volontà di ucciderci e sottometterci. Stavolta il bersaglio è Israele: possibile che nelle altre capitali non si valuti la possibilità di essere la prossima vittima?

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