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Andrea Morigi: il rispetto dei cattolici per chi sceglie l'aldilà

di Andrea Morigi sabato 25 maggio 2024

3' di lettura

Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha deciso di morire a 60 anni nella tarda serata di giovedì. Era nella sua abitazione nel centro di Milano quando si è gettato dal sesto piano dello stabile.

Fine giurista, non era digiuno del diritto naturale secondo il quale, prima ancora che per la legge morale codificata nei dieci comandamenti, togliere la vita a un essere umano è un crimine. Né ignorava che il suicidio rientra nella stessa categoria: non è lecito uccidere un altro, quindi nemmeno se stessi. È il peccato mortale con il quale s’infrange il quinto comandamento, ma chi decide di procurarsi la morte sarà davvero in possesso delle facoltà mentali che gli consentono di determinare liberamente i propri atti? Solo Dio lo sa.

Per questo, si può dubitare che sussistano due delle condizioni necessarie per commettere il crimine, cioè la piena avvertenza e il deliberato consenso. Tant’è che perfino il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, dopo aver chiarito che si tratta di materia grave, anzi che si configura un atteggiamento «contrario all’amore del Dio vivente», quindi l’odio, affronta il delicato tema con una formula che invita alla prudenza: «Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida».

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Ecco perché, da qualche decennio, non si nega più la celebrazione delle esequie religiose a chi, presumibilmente disperato, ha compiuto quello che un tempo era descritto come il “gesto estremo”. Tanto esecrabile che sui quotidiani italiani, quando accadeva, vigeva la regola di non scriverne nemmeno una riga in cronaca, per evitare “l’effetto Werther”, cioè il pericolo di emulazione da parte di persone tanto impressionabili da essere indotte a immedesimarsi nel protagonista del romanzo di Johann Wolfgang Goethe del 1774 e nei suoi lettori imitatori. Il fenomeno si era ripetuto in Italia con Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo a partire dal 1802 e più recentemente negli Stati Uniti, con la tragica fine di Ernest Hemingway nel 1961 e di Marylin Monroe l’anno successivo.
Non che chiudere gli occhi davanti al fenomeno aiuti a risolverlo. Solo in Italia, secondo gli ultimi dati dell’Istat risalenti al 2016, i casi di suicidio hanno raggiunto una quota vicina a quattromila l’anno, con una prevalenza nel Nord Italia e, in particolare per gli uomini, nelle Regioni del Nord-Est.

Ora, non si può escludere che anche qualche battezzato rientri in quell’elenco, anche se la disperazione della salvezza finale è uno dei peccati contro lo Spirito Santo, cioè dichiarati imperdonabili. Se non si considera che il diritto canonico poggia su una regola fondamentale: «La legge suprema è la salvezza delle anime». Un giudizio sulla coscienza altrui, da quaggiù, è impossibile, fatta salva la valutazione etica oggettiva dei comportamenti degli individui.

Perciò, il Catechismo rivolge un invito a evitare condanne preventive verso le vittime: «Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita».

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Rimane nel frattempo aperto, indicano gli psichiatri, il problema della sindrome presuicidale e della sua prevenzione, come anche l’aspetto sociologico dell’isolamento degli individui, della scomparsa dei legami familiari e comunitari. E infine, ma non ultimo, sembra acquistare rilevanza il fronte culturale, che un tempo era confinato agli epigoni di Friedrich Nietzsche e del suo Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, del 1883-1885. Quel che scriveva il filosofo tedesco sulla «libera morte, che viene a me, perché io voglio», è ormai saldamente condiviso a livello di ordinamenti statali come nei Paesi Bassi, di istituzioni giuridiche come i tribunali o la Corte costituzionale in Italia («serve una legge!»), su sollecitazione di gruppi politici che postulano l’esistenza di un diritto all’eliminazione del prossimo.

Che poi l’idea della soppressione del più debole si sia diffusa in fasce sempre più larghe dell’opinione pubblica non sorprende più.
Nel suo Gente di poca fede, il sociologo Franco Garelli, quattro anni fa, aveva segnalato che, all’interno del 63% di italiani favorevoli all’eutanasia, oltre tre quarti si dichiarano cattolici. I credenti non vivono mica fuori dal mondo. Quel che preoccupa semmai è che non credano più all’altro mondo.
 

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