Quarantotto anni dopo l’intervista di Enrico Berlinguer, che mentre continuava a ricevere i soldi da Mosca raccontava a Giampaolo Pansa e ai lettori del Corriere di sentirsi "più sicuro" sotto l’ombrello dell’Alleanza atlantica, i partiti figli di quel Pci prendono la direzione opposta: cercano voti predicando lo smantellamento della Nato. Anche allora si era alla vigilia di una tornata elettorale, e il gioco prevedeva di tranquillizzare i vituperati borghesi dipingendosi atlantisti e occidentali. Oggi consiste nel contendersi i voti di quelli che bloccano le strade e le università, chiedono la rottura di ogni rapporto con Israele e la fine del legame di mutua assistenza militare con Washington. L’"ossessione antiamericana", come la chiamava il filosofo francese Jean-François Revel, non se n’è mai andata dalla sinistra italiana, ma ora è tornata ufficialmente ed è qui per restare: divamperà se il repubblicano Donald Trump vincerà la corsa per la Casa Bianca.
Ieri è toccato al rossoverde Nicola Fratoianni. Parlando al forum dell’agenzia Ansa assieme ad Angelo Bonelli, ha spiegato che la Nato non ha ragione di esistere: "È un’alleanza che risale a un altro tempo, e la sua funzione è stata raramente di stabilizzazione". Un giudizio che è anche storico: senza la Nato il mondo sarebbe stato migliore. Ciò che tanti comunisti, dopo le parole di Berlinguer, non dicevano più, oggi è sbandierato dai leader del campo largo che Elly Schlein proverà ad allestire dal 10 giugno. Altrettanto schietto, pochi giorni fa, è stato l’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, candidato del Pd nella circoscrizione Centro: "Sciogliamo la Nato", ha detto. "Va costruita un’alleanza nuova e tra pari, tra Europa e America". La seconda frase, quella della "parità", è una turlupinatura. Per stare sullo stesso piano di Washington bisognerebbe spendere perla difesa quanto il Pentagono, che investe in armamenti e militari il 3,5% del Pil.
Volessero davvero la parità, Tarquinio e gli altri dovrebbero quindi chiedere un aumento delle spese militari europee e italiane (queste ultime inferiori all’1,5% del Pil): si battono invece per ridurle.
Le finte correzioni di Schlein a Tarquinio completano la messinscena. La segretaria dice che "sulla Nato il Pd ha una sua linea di politica estera che è fatta dalla segretaria e non dai candidati indipendenti".
Ovviamente lei sa bene come la pensano Tarquinio, Cecilia Strada ("Le politiche della Nato non sono tese a mantenere la pace, l’ordine e la giustizia", anno 2022) e gli altri: li ha candidati proprio per questo, le servono per avere i voti di chi urla "Yankee go home". Una linea sulla Nato, del resto, il Pd non la ha. Chiamata a illustrarla, Schlein si arrabatta: "Siamo per un’autonomia strategica dell’Ue nel seno dell’Alleanza atlantica". Che è una frase priva di significato. Il Trattato Nord Atlantico lega le parti ad "accrescere la loro capacità individuale e collettiva di resistere a un attacco armato" e a considerare "un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale come un attacco diretto contro tutte le parti". Non si può stare nella Nato, insomma, con "autonomia strategica", qualunque cosa intenda dire Schlein: ci sono obblighi, osi sta dentro e li si rispetta osi sta fuori.
A volere lo scioglimento della Nato sono quindi una parte del Pd, rappresentata dai candidati che la segretaria si è “capata” personalmente, e i rossoverdi, alleati dei dem in tutte le elezioni tranne quelle europee. Gli altri che dovrebbero comporre il campo largo, sempre che dopo il voto di domenica ne abbiano voglia, sono i Cinque Stelle. Tra i quali c’è una forte tradizione anti-americana, confermata a Firenze due mesi fa, quando hanno votato insieme ai piddini una mozione contro l’insediamento di un comando della Nato. Lì dentro, però, pesa il rapporto tra Giuseppe Conte e Donald Trump: fu l’allora presidente statunitense a consentire la nascita del secondo governo guidato dal giurista, con il famoso endorsement per l’amico "Giuseppi", che "ama moltissimo il suo Paese e lavora bene con gli Stati Uniti". Conte sogna di ricevere altre dediche simili. Così, ora, si muove prudente: accusa la Nato di aver sbagliato con l’Ucraina, ma si guarda bene dal chiederne lo scioglimento. "Va ripensata e riformata", dice, ma "non cestinata". Il modo in cui riformarla glielo indicherà Trump, se vincerà le elezioni. E il fatto che la compagna Schlein abbia bisogno del trumpiano di Volturara Appula per creare il campo largo dice tutto della coerenza politica del progetto.