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Socci: l'amico italiano di Bergoglio che gli ha preparato la strada

di Antonio Socci venerdì 21 giugno 2024

3' di lettura

Parlando con la giornalista Franca Giansoldati, un giorno di luglio del 2014, Francesco, il Papa venuto da lontano di cui ancora poco si sapeva, raccontò un dettaglio che avrebbe dovuto incuriosire: rivelò che non conosceva Roma, eccetto Santa Maria Maggiore «e poi (...) San Lorenzo fuori le Mura, dove sono andato per delle cresime quando c’era don Giacomo Tantardini».

In effetti sembra proprio che l’amicizia più significativa che l’arcivescovo di Buenos Aires aveva a Roma - prima di diventare Papa fosse quella con don Giacomo. Ma com’era nata la cordiale frequentazione e la sintonia spirituale fra il card. Bergoglio e il sacerdote che era stato l’anima più geniale e creativa di Comunione e Liberazione, colui che nei roventi anni Settanta aveva affascinato e portato alla fede cristiana migliaia di studenti universitari romani e di giovani delle borgate; colui che negli anni Ottanta era stato la vulcanica mente del Sabato - l’unico giornale cattolico che abbia fatto breccia nel dibattito pubblico - e poi quel don Giacomo che era stato l’anima del mensile 30 Giorni, la rivista internazionale sulla Chiesa (diretta da Giulio Andreotti)? Nessun giornalista aveva approfondito. Eppure don Giacomo, sebbene molto schivo e lontano dal palcoscenico dei media, era ben noto agli addetti ai lavori. Era sempre stato molto legato a don Giussani e per anni fu protagonista della storia di CL.

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LA SINTONIA

Il libro È bello lasciarsi andare tra le braccia del figlio di Dio (Libreria Editrice Vaticana. Omelie 2007-2012) fa capire finalmente la sua amicizia con il card. Bergoglio e soprattutto la sintonia. Non a caso 30 Giorni, ricorda Massimo Borghesi, curatore del volume, «era l’unica rivista o quasi che in Italia dava voce» al porporato argentino: «sono sette i suoi interventi e vanno dal 2007 al 2012».

Quando un tumore portò via don Giacomo, ancora giovane, il 19 aprile 2012, il card. Angelo Sodano (già Segretario di Stato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e nel 2012 Decano del Collegio Cardinalizio), celebrando le esequie, iniziò così la sua omelia: «Oggi, in particolare, vogliamo elevare a Dio un inno di gratitudine per il dono che ha fatto alla sua santa Chiesa con la vita e le opere di questo grande sacerdote».

In effetti, spiega Borghesi, Tantardini è stato «un protagonista del cattolicesimo italiano (...) e, tramite 30Giorni, di quello internazionale». Carismatico, solare, profondo e semplice fu stimato da diversi Papi, ma «la storia del rapporto tra don Giacomo e 30Giorni con il cardinal Bergoglio» osserva ancora Borghesi «non si è conclusa con la morte del sacerdote brianzolo innamorato di Roma. Tanti motivi che 30Giorni ha posto al centro dell’attenzione ecclesiale, dagli anni ’90 alla sua chiusura (...) sono oggi presenti nel pontificato e nei documenti di Papa Francesco.

Bergoglio non ha dimenticato il suo amico di San Lorenzo. Ne ha serbato la memoria più autentica affidando molte sue intuizioni alla Chiesa universale». Infatti è stato lo stesso Pontefice a chiedere che le omelie “romane” di don Giacomo fossero pubblicate integralmente dalla Libreria Editrice Vaticana (il volume esce oggi con la prefazione del Papa che, per concessione dell’editore, pubblichiamo qui sotto).

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Così Francesco manifesta il suo affetto e la sua stima per don Giacomo, ma indica pure - come nota Borghesi - «l’utilità di una raccolta che può valere come modello di un’autentica omiletica ecclesiale in accordo con le indicazioni che Francesco stesso ha offerto, in proposito, in pagine essenziali della Evangelii gaudium». Del resto proprio nei giorni scorsi il Papa è tornato a criticare certe interminabili omelie che «fanno addormentare». Al contrario, quelle di don Giacomo svegliano il cuore e sono più che omelie. Sono una ventata di aria fresca. Esse, scrive il papa, «comunicano l’essenza originale della vita cristiana” perché «c’è sempre bisogno nella Chiesa di recuperare l’essenziale.

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