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Pietro Senaldi: è subito rissa nel fronte anti-Giorgia

di Pietro Senaldi venerdì 5 luglio 2024

4' di lettura

Le ultime parole famose... «Uniti si vince, insieme non si gioca la partita», aveva detto un paio di sere fa dal palco dell’Associazione Partigiani, a Bologna, Elly Schlein, prima di dare l’avvio al coretto di voci rosse intonante «Bella Ciao». E subito le se erano accodati il duo Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, il tenorino di +Europa Riccardo Magi e la gracchiante voce roca di Giuseppe Conte. Da lontano, dopo, si era aggiunto anche il trombone di Carlo Calenda: vengo anch’io, chissà per quanto.


Detto, sfatto. Ieri l’unità delle sinistre ha fallito la prima prova; e su un tema non da poco, il riconoscimento dello Stato di Palestina. Sei partiti, sei mozioni diverse, tutte rigorosamente bocciate, come vaticinato dalla segretaria dem. Si sono divisi sulle premesse, sul dispositivo, sulle condizioni per la nascita dello Stato, sul ruolo di Hamas, sui diritti di Israele, sulla carneficina del 7 ottobre. C’è da chiedersi, se l’ammucchiata anti-Meloni fosse stata al governo, quale sintesi sarebbe potuta uscire fuori, visto che sulla sorte della Palestina i progressisti e i comunisti di casa nostra sono più divisi di quanto non lo siano Netanyahu, il regime degli ayatollah iraniani, l’Egitto, i terroristi Hamas, il Libano e le milizie di Hezbollah. Certo, la figuraccia internazionale alla nazione non sarebbe stata risparmiata.


Ventura ha voluto che la sinistra non sia al governo e che quindi l’Italia abbia potuto licenziare un’unica mozione, approvata da tutti i partiti che reggono la maggioranza. E così, mentre l’opposizione, che accusa le forze dell’esecutivo di essere divise in Europa perché siedono a Bruxelles in tre gruppi parlamentari diversi, si spaccava per l’ennesima volta in Parlamento, la maggioranza per l’ennesima volta si coagulava.

L’accordo è stato trovato intorno a un testo semplice, che impegna il governo “a profondere ogni sforzo diplomatico per sostenere il piano di pace dell’Onu, a continuare ad attivarsi per fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza e a sostenere a livello internazionale il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel quadro di una soluzione negoziata fondata sulla coesistenza di due Stati sovrani democratici, che si riconoscano reciprocamente e possano vivere in pace e sicurezza”. A voler ben vedere, il problema, di cui non si fa cenno, è che poi lo Stato Palestinese dovrebbero riconoscerlo anche l’Iran e tutto il mondo arabo che di esso non ne ha mai voluto sapere, però non si può pretendere troppo dai compromessi parlamentari.

Comunque il testo del governo, neanche a farlo apposta, è stato contestato da tutta l’opposizione, che solo nella critica ha trovato la propria unità.
In particolare, non è stata gradita dalla sinistra estrema la premessa della mozione, che condanna “la barbara ferocia dei terroristi di Hamas” e individua “il massacro del 7 ottobre come causa scatenante del conflitto a Gaza”. Sono premesse e propositi, quelli indicati dal governo, che delineano la direzione di marcia della politica estera italiana e la collocazione del nostro Paese nello scacchiere internazionale, ma certo non possono risolvere il conflitto. Sono principi di buon senso, diplomazia, diritto internazionale, eppure la sinistra li ha attaccati violentemente. Avs e grillini, che alla Camera ieri hanno saldato l’accordo trovato a Bruxelles, dove M5S ha rinnegato la propria anima pur di essere ammesso, ma in prova, solo se saprà ubbidire e comportarsi bene, nel gruppo della Sinistra (Left), si sono indignati perché avrebbero voluto che l’Italia riconoscesse subito la Palestina; a prescindere dal consesso internazionale, da Israele e soprattutto da Hamas, che non lo vuole, nonché dalla realtà.

In altre parole, il nuovo asse profondo rosso-verde-giallo vorrebbe che il nostro governo proclamasse l’esistenza della Palestina e la imponesse nel mondo indipendentemente dall’Onu e da tutti gli organismi internazionali preposti. Pretesa in linea con il suo modo di far politica, per cui quando si vuole una cosa, dalla casa in giù, la si può prendere in barba alla legge perché è giusto così. Più o meno simile la posizione del Pd, che però almeno, a differenza di Fratoianni e Conte, pur ignorando quanto accaduto il 7 ottobre, ha citato anche il diritto di Israele a esistere. Quanto a renziani e calendiani, hanno presentato due mozioni diverse, ma pressoché sovrapponibili, a ribadire una divisione che poggia sui personalismi e non sulle idee.

Testi peraltro molto simili a quello del governo, se non per una particolare insistenza sul cessate il fuoco come premessa per i negoziati. La sintesi della giornata è che l’esecutivo cosiddetto sovranista si è posto rispetto a una drammatica crisi internazionale con l’approccio di chi è conscio che il problema va affrontato dall’intera comunità planetaria, alla quale ha dato la massima disponibilità ad adoprarsi nel tentativo di trovare una soluzione. La sinistra invece, che predica unità a tutti i livelli e si vanta di essere super europeista e amica dell’Onu e di tutte le sue organizzazioni derivate e affini, vorrebbe che l’Italia strappasse e seguisse sulla Palestina una posizione tutta sua.

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