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Daniele Capezzone: caccia all'ebreo nel cuore dell'Europa

di Daniele Capezzone sabato 9 novembre 2024

3' di lettura

Guardateli. Sto parlando, con rare eccezioni di sincerità e buona fede, di molti politici e intellettuali di sinistra, non solo italiani. Dalla notte scorsa, dopo l’indegna caccia all’ebreo avvenuta ad Amsterdam, hanno indossato come una maschera una specie di faccia di circostanza. Per capirci, è la faccia da 27 gennaio, da Giorno della Memoria, o, più recentemente, è la faccia da post 7 ottobre. È il travestimento di chi si presenta in società simulando stupore, sorpresa, indignazione. Salvo poi, dopo una mezza giornata di lacrimucce e di comunicati commossi, ricominciare come prima: a sparare contro Netanyahu, a chiudere gli occhi davanti alle manifestazioni anti-Israele, a tapparsi le orecchie rispetto ai cori “From the River to the Sea”.
È l’ora di dire con chiarezza che tutti costoro o sono stupidi o sono complici. È anche ammesso il cumulo delle ipotesi.

Non è possibile far finta di non capire che i fatti di Amsterdam sono la “naturale”, starei per dire “ovvia” prosecuzione e conseguenza di un anno di ininterrotta ondata antisionista e antisemita. Se è tranquillamente accettata l’idea che non si possano tenere conferenze pro-Israele senza ritrovarsi letteralmente sotto assedio; se è tranquillamente accettata l’idea che ragazzi e ragazze di religione ebraica debbano sentirsi accerchiati a scuola o all’università; se è naturalmente accettata l’idea che, nelle nostre città, le persone di religione ebraica non possano indossare simboli che possano renderli riconoscibili; ecco, se tutto questo è naturalmente accettato, diventa perfettamente consequenziale che le componenti islamiche radicalizzate si sentano in diritto di passare ai fatti.

Inutile girare la testa dall’altro lato. Ad Amsterdam abbiamo assistito a una violenza pianificata, a un piccolo 7 ottobre, o forse a una piccola Notte dei Cristalli. Molto resterà da chiarire su omissioni e ritardi anche da parte della polizia olandese: possibile che nessuno si sia accorto di nulla, mentre nuclei di pro-Pal si organizzavano per l’agguato? Possibile che all’uscita dello stadio i tifosi del Maccabi non siano stati adeguatamente scortati? Possibile che si sia consentito a una piccola folla araba di assistere agli attacchi, di incitare gli aggressori e insieme di girare video? Quanti islamici (altro che moderati, a loro volta di prima o di seconda generazione) sono parte delle forze dell’ordine che sarebbero dovute intervenire?

Abbiamo Hamas in casa, o un suo equivalente in franchising: con immigrati radicalizzati letteralmente pronti a tutto. Possono “accontentarsi” di micro-attacchi, oppure, quando l’occasione è propizia, possono osare spingendosi oltre. Eppure, leggendo i giornali e guardando le televisioni in questi giorni, pare che l’“emergenza” mondiale sia rappresentata dal nuovo presidente Donald Trump, da chi l’ha votato lì e da chi l’ha sostenuto qui. E si finge di non vedere cosa sia diventata nel frattempo questa Europa, con città e quartieri consegnati alla feccia islamista, con una violenza ormai sdoganata-consentita-legalizzata.

Da ultimo, una raccomandazione ai lettori: non cadete nella trappola di chi ha provato da ieri a derubricare tutto a “scontro tra tifoserie”. Il tifo e gli hooligans da stadio non c’entrano nulla. O meglio: il tifo c’entra solo per la capacità degli integralisti islamici di penetrare anche in quegli spazi. Ma per il resto, chi butta lì l’argomento “sportivo” lo usa dolosamente come una cortina fumogena per occultare il cuore del problema. Che è sempre quello: difendere il nostro Occidente, la nostra libertà. Noi contro di loro. “Loro” sono quelli che vogliono ucciderci o sottometterci. E “noi” siamo quelli che non se ne accorgono.

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