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Zaccardi e gli odiatori che terrorizzano le scuole: chi c'è dietro Cambiare Rotta

di Michele Zaccardi lunedì 11 novembre 2024

3' di lettura

Si preparano allo sciopero studentesco di venerdì prossimo. L’appuntamento è in Piazza Verdi, a Bologna, dove Cambiare Rotta ha organizzato la manifestazione contro il governo. L’iniziativa, chiamata “No Meloni day” è stata pubblicizzata con un battage piuttosto violento. Perché quei manifesti che sono spuntati un po’ dappertutto nella zona universitaria della città raffigurano le facce insanguinate della premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Università Anna Maria Bernini. Ma la mobilitazione sarà nazionale: lo sciopero è stato proclamato in occasione della Giornata internazionale dei diritti degli studenti. Per questo, spiega Cambiare Rotta sui social, «in tutta Italia faremo sentire la nostra voce contro il tentativo del governo Meloni e dei ministri Valditara e Bernini di distruggere la scuola, l’università e la ricerca pubblica». Ma quali sono i trascorsi del collettivo, che si definisce “organizzazione giovanile comunista”? La storica Anna Foa, in una sua analisi pubblicata qualche tempo fa su La Stampa, non ha avuto remore nel definire Cambiare Rotta come «gruppo estremista venuto fuori all’improvviso i cui proclami fanno riferimento alla lotta dei terroristi». Insomma, gli anni di piombo esercitano un fascino irresistibile su questo collettivo che tra occupazioni di scuole e università, cortei e manifestazioni, soprattutto da settembre dell’anno scorso ha conosciuto un’incredibile ascesa. Ovviamente, al centro delle rivendicazioni c’è la guerra in Medio Oriente, con i militanti ferocemente su posizioni pro-palestinesi se non apertamente anti-sioniste (e talvolta antisemite).

Cambiare Rotta nasce nel 2021 come evoluzione del movimento “Noi resistiamo”, fondato nel 2014. Il collettivo punta a intervenire nel «mondo della formazione e della ricerca, ambito privilegiato di battaglia diretta contro il sistema di pensiero dominante». Una strategia che si appoggia sulle sedi situate in diverse città universitarie. La presenza capillare è uno dei punti di forza dell’organizzazione, che tramite i suoi esponenti sul territorio riesce a infiltrarsi nelle scuole e nelle università. La sigla Cambiare Rotta opera soprattutto nelle università, mentre nelle scuole superiori è attiva la costola “Osa”. I militanti hanno partecipato, e spesso organizzato, tutte le occupazioni più violente degli ultimi tempi. Erano presenti ad esempio a inizio dicembre nel liceo romano Giorgi Woolf, dove la protesta si è trasformata in un vandalismo sfrenato, con il preside e gli studenti a denunciare l’infiltrazione di membri di “Osa”. Lo stesso è avvenuto al liceo Severi-Correnti di Milano. In uno dei manifesti di “Noi resistiamo”, diffuso nel 2021, veniva spiegato che «consapevoli della nostra non-autosufficienza, abbiamo lavorato fin dall’inizio nell’ottica di rafforzare un movimento di classe nel nostro Paese. A partire dalla stretta relazione con la Rete dei Comunisti». Relazione che è proseguita sotto le nuove insegne di Cambiare rotta, che si appoggia anche al movimento di “Potere al popolo” e gode del sostegno dell’Unione sindacale di base.

Come riportato da il Giornale, tra i vari legami internazionali del movimento spiccano quelli con l’Unione dei giovani comunisti di Cuba e con diverse organizzazioni palestinesi.
Non a caso, il collettivo ha partecipato a tutti i cortei pro-pal degli ultimi mesi. Dal punto di vista ideologico, Cambiare Rotta può essere considerata un’organizzazione di stampo leninista, come testimoniato anche dalle celebrazioni per il centenario della morte del padre della Rivoluzione d’Ottobre, il cui volto campeggia pure sulle tessere associative del 2024. Non solo. Il collettivo sostiene il Donbass, e di conseguenza la Russia, contro «l’imperialismo della Nato». Ma anche la «resistenza jugoslava» del generale Tito. Tornando ai manifesti che raffigurano i volti di Meloni e Bernini insanguinati, è unanime lo sdegno del centrodestra, mentre il silenzio continua a regnare a sinistra. Parla di «un ulteriore passo verso forme di lotta politica che usano l’insulto, la minaccia, la violenza come metodo» il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. «Desta preoccupazione» ha aggiunto, «che tali forme di lotta non trovino adeguata e ferma condanna da parte di tutte le forze politiche». Per il senatore di Fdi Marco Lisei si tratta di «una schifosa intimidazione che incita anche alla violenza sulle donne». «Attendiamo per vedere se la sinistra condannerà o se deciderà di essere complice di questa manifestazione di violenza annunciata».

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