Avete presente il paradigma del filosofo americano Thomas Khun? È una struttura del pensiero, una grande metafora con cui ci si rapporta col mondo e con la conoscenza. Quando cambia, avviene una rivoluzione. Khun applicava il ragionamento alla scienza ma anche alla politica o meglio per le famiglie politiche e per il loro pensiero questa cosa del paradigma funziona. Succede che a sinistra i paradigmi sono mutati: le magnifiche sorti e progressive non emanano più luccicanti speranze.
ANCORATI AL PASSATO
Un comunista non pentito come Fausto Bertinotti dice ad Atreju che i cattivi vincono sempre (siamo dunque al pessimismo cosmico?) e poche ore dopo Elly Schlein viene avvistata al cinema Adriano a vedere il film su Berlinguer. Quanto sa di vecchio tutto questo? E quanto questo sapore diventa amaro mentre Giorgia Meloni se ne va a braccetto con il turbofuturista Elon Musk? E riceve i complimenti del presidente eletto Trump che ha fatto proprie le massime del positive thinking? E mentre la festa della destra politica si accinge ad ospitare il vulcanico presidente argentino Milei, un anti-casta alla Grillo che però vuole farla finita con ogni forma di assistenzialismo? Dove sta il nuovo e dove il vecchio si intuisce facilmente. E così dove sta il passato e dove sta il futuro.
Siamo davvero al cambio di paradigma. È la sinistra ad essere nostalgica, la destra a guardare con ottimismo al futuro. Il rimpianto è il tratto distintivo dei compagni di Bertinotti e Schlein. Rimpianto per Enrico Berlinguer, il leader del “consociativismo realizzato”, rimpianto per la “rivolta sociale” che ricorda l’assalto ai forni di manzoniana memoria, il culto dello sciopero generale (il primo risale al 1904, per solidarietà ai minatori sardi), il ritorno in fabbrica di Schlein nel tentativo di conciliare armocromia e operaismo, ma senza proporre soluzioni che non siano i soliti sussidi di Stato.
Nel calderone della sinistra ribolle un minestrone di parole d’ordine vecchie di un secolo e forse più, unite a una radicata e radicale avversione al nuovo, a ogni riforma immaginata e concretizzata e alla difesa tenace dello status quo. L’empito rivoluzionario di un Togliatti che prometteva di mettere fine a ogni forma di sfruttamento grazie al comunismo si è stemperato tra terrazze e salotti buoni della sinistra ztl. In mezzo c’è stato l’elogio del lavoro flessibile di Massimo D’Alema che decretò la fine del posto fisso. Era il 1999. La rivoluzione si è compiuta col lento cambio di paradigma. Ora quella stessa sinistra cerca di demonizzare la festa di Atreju come luogo della conservazione e della bieca reazione. Non si capisce se dà loro più fastidio l’invito a Giuseppe Conte o il presepe vivente, Arianna Meloni che si fa i selfie con i visitatori o la motosega del presidente argentino, nuovo “mostro” da crocifiggere anche se ha abbattuto l’inflazione dal 25,5% al 2,7%. In sostanza, alla festa di Atreju c’è confronto, curiosità per il nuovo, apertura al dialogo. Alle feste estive dell’Unità il massimo dell’apertura che il Pd ha dimostrato è stato l’invito a Maria Elena Boschi.
E IL PERICOLO FASCISMO?
Per non dire della gerontocrazia di sinistra che se la prende con una premier nata negli anni Settanta. «Ha le stimmate fasciste impresse nella carne, ha l’eloquio e il portamento e anche la cultura che ne fanno la rappresentante perfetta della destra che io aborro. Pericolo mortale». Così parlò Carlo Rossella, ottantuno anni. E Giuliano Amato, 86 anni, ha tra i primi evocato lo «spettro dell’Ungheria di Orban». Corrado Augias, 89 anni, si siede nel salottino di Giovanni Floris e via con le perle di saggezza contro Meloni inadeguata, che dice cose terribili, contro la destra che cavalca la paura, contro i ministri “goffi”. A Natalia Aspesi, 94 anni, non va bene il nome Fratelli d’Italia che non contempla le “sorelle”. Una citazione la merita anche Furio Colombo, 93 anni, che criticò il viaggio a Bali di Meloni con la figlia in prima classe. I vecchi e la bambina? Non proprio: i vecchi e la ragazza della Garbatella divenuta adulta e vincente. Cambiano i paradigmi, si compiono le rivoluzioni.