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Barberini: Il “pezzo di carta”? Vale eccome i laureati guadagnano molto di più

di Susanna Barberini martedì 21 gennaio 2025

3' di lettura

In un mondo del lavoro sempre più competitivo e in continua evoluzione, il “pezzo di carta” continua a essere in Italia la chiave che apre le porte ai posti migliori, quelli cioè che pagano bene. Il livello di istruzione è ancora uno dei fattori determinanti per lo stipendio. Lo confermano i dati dell’Istat presentantati nell dossier Rilevazione sulla Struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro relativa all’anno 2022: chi possiede una laurea guadagna mediamente il 58,8% in più rispetto a chi si è fermato alla licenza media. Nell’industria, ad esempio, la retribuzione media annua dei laureati raggiunge i 56.404 euro, contro i 27.067 euro di chi ha un livello di istruzione inferiore. Nei servizi di mercato il divario è ancora più netto, arrivando all’87,9%.

IL DIPLOMA
Anche i diplomati vedono un miglioramento: il loro stipendio è superiore del 18,5% rispetto a chi ha solo la licenza media. Tuttavia, il divario si amplifica ulteriormente per chi sceglie percorsi universitari, con i settori della finanza e delle assicurazioni che emergono come i più remunerativi. Qui, la retribuzione media oraria raggiunge i 25,9 euro, con punte fino a 39,6 euro per il 10% più pagato. Persino i lavoratori nella fascia retributiva più bassa di questo settore superano la media nazionale, con 14,6 euro all’ora. Ma l’istruzione da sola non basta a garantire l’equità: per guadagnare di più devi essere uomo. Se, infatti, il titolo di studio rappresenta un vantaggio, non lo è in egual misura per uomini e donne. I laureati maschi guadagnano quasi il 90% in più rispetto a chi ha solo la licenza media, mentre per le donne la percentuale si ferma al 54,2%. E a parità di ruolo, le disparità non mancano: la retribuzione media annua di una donna si attesta a 33.807 euro, circa 6.000 euro in meno rispetto ai 39.982 euro degli uomini. Il gender pay gap è un problema strutturale, che aumenta con il livello di responsabilità. Tra chi ha una laurea il divario è del 16,6%, ma sale al 30,8% tra i dirigenti d’azienda. Anche il tipo di settore influisce: nelle aziende private, il gap retributivo arriva al 15,9%, mentre nel pubblico si riduce al 5,2%. In generale, la retribuzione media oraria per le donne è di 15,9 euro, contro i 16,8 euro degli uomini. Questi numeri riflettono una realtà che penalizza le donne non solo economicamente, ma anche in termini di opportunità. A parità di qualifiche e carriera, il “soffitto di cristallo” resta una barriera difficile da superare. A soffrire di più sono però i giovani e i lavoratori con contratti precari. Gli under 30 guadagnano in media il 36,4% in meno rispetto agli over 50, un divario che colpisce sia gli uomini (38,5%) che le donne (33,3%). Per chi si affaccia al mercato del lavoro, stipendi bassi e contratti a termine rappresentano spesso la norma. I lavoratori precari, infatti, percepiscono retribuzioni inferiori del 24,6% rispetto a chi ha un contratto stabile.

SALARIO MINIMO
A livello generale, il quadro retributivo italiano mostra un’ampia variabilità. Tra i dipendenti, il 10% meno pagato non supera gli 8,8 euro l’ora, mentre il 10% più retribuito guadagna oltre 26,6 euro l’ora. I settori finanziari e assicurativi confermano la loro centralità nei livelli più alti di guadagno, con una retribuzione media oraria di 25,9 euro, mentre i più bassi si registrano nei servizi di alloggio e ristorazione, con 10,9 euro l’ora. I dati dell’Istat tracciano un quadro chiaro: il titolo di studio rimane uno strumento indispensabile per accedere a retribuzioni migliori, ma le disuguaglianze legate al genere, all’età e alla stabilità contrattuale continuano a rappresentare un freno perla crescita del mercato del lavoro italiano. Se investire nello studio con lauree e master resta la scelta migliore per chi cerca un futuro più sicuro, serve un cambio di passo per garantire che le opportunità siano davvero accessibili a tutti, donne e giovani compresi. Perché non basta crescere professionalmente, se la società resta indietro.

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