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Silvio Berlusconi, il golpe nel 2011: altre prove contro Stati Uniti e Mario Monti

di Zaccardi Michele domenica 15 ottobre 2017

3' di lettura

Se non si è trattato di un golpe, come qualcuno ha più volte sostenuto, la caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011 è stata sicuramente una limitazione della sovranità italiana. E una sospensione della democrazia. È quanto emerge dai dispacci tra due esponenti dell'esecutivo guidati dal Cavaliere e alcuni alti funzionari di Washington: l'ambasciatore statunitense a Roma David Thorne, e il segretario del Tesoro, Timothy Geithner. L'emergenza scatta nell'estate del 2011, subito dopo il varo della manovra da 60 miliardi di euro, quando, secondo la testimonianza di Geithner, alcuni funzionari europei propongono a Barack Obama di far cadere Berlusconi per evitare un presunto "disastro". I documenti, riportati da La Stampa, gettano una luce inquietante sul ruolo svolto dalle istituzioni europee durante la crisi dei debiti sovrani. Nel primo cablogramma, del 31 agosto, una fonte anonima di altissimo livello dell'esecutivo avverte Thorne che il secondo pacchetto di austerità varato (da 60 miliardi) potrebbe rallentare la crescita, e compromettere la solvibilità dell'Italia. Inoltre, si evidenzia che la manovra è una risposta a "condizioni di mercato fuori dal controllo dell'Italia, e non è il risultato di problemi economici interni". E ancora, la stessa fonte afferma di non essere convinta della bontà dei provvedimenti presi dall'esecutivo: "Ha detto (la fonte, ndr) che il secondo pacchetto è debole. Conta troppo sulle entrate fiscali, e rallenterà ancora di più la crescita. Ciò creerà pressione per ulteriori misure di austerity, che innescheranno una spirale macroeconomica verso il basso". Il colloquio riportato dai cable si conclude con una previsione drammatica: "Gli acquisti del debito italiano da parte della Bce hanno forse evitato una crisi sui mercati, ma potrebbero costituire il bacio della morte per la capacità di lungo termine del governo di vendere titoli". Ma non è tutto. Passa una settimana e Thorne incontra un altro esponente del governo, un secondo ministro (secondo quanto riporta La Stampa), il quale usa toni quasi tragici: "Ci ha detto che, senza una soluzione politica europea alla continua crisi dell'eurozona, l'Italia potrebbe avere bisogno di un'assistenza (non specificata) da Bruxelles nel giro di due o tre mesi, che si estenderebbe oltre gli acquisti del debito sovrano da parte della Bce". Insomma, con altre parole, si parlava di un bail-out alla greca. I due ministri, di fatto, prevedevano che il governo Berlusconi non ce l'avrebbe fatta. Lo avevano già scaricato. In questo contesto si arriva ala manovra di luglio, che prevedeva il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014, ma l'aggravarsi della crisi dello spread, spinse Berlino e Parigi a chiedere l'anticipo della misura nel 2013, a colpi di austerità. In cambio la Bce avrebbe acquistato il debito italiano per stabilizzarne il costo. Negli stessi giorni un banchiere italiano a colloquio con Thorne, critica Angela Merkel, definita "irresponsabile" e suggerisce come unica soluzione alla crisi una "dichiarazione politica dei leader europei che né l'euro, né i Paesi dell'eurozona, verranno lasciati fallire". Lungimirante, visto che le sue parole prefigurano quello che avverrà il 26 luglio del 2012, il "wathever it takes" del neo eletto presidente della Bce Mario Draghi. L'euro non si tocca. Il 10 novembre Thorne invia a Washington un rapporto intitolato "Il sole tramonta sull'era Berlusconi", nel quale da conto della sconfitta del governo alla Camera sul rendiconto finanziario. Il Cavaliere si dimette e la palla passa a Napolitano, che pochi giorni dopo conferirà l'incarico a Mario Monti. E subito dopo le dimissioni di Berlusconi, un ultimo cablogramma firmato dall'ambasciatore diceva: "Le opzioni del presidente Napolitano includono le elezioni anticipate o un governo tecnico di ampia base guidato da qualcuno tipo l'economista Mario Monti". Già, proprio lui. Il professore del rigore. Quel Monti che gli americani non hanno mai negato di stimare e che, plausibilmente, è stato "spinto" a Palazzo Chigi anche grazie all'aiuto di Washington.

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