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Forza Italia, Silvio si gioca il tutto per tutto: vuole i big candidati nei collegi uninominali

di Matteo Legnani domenica 10 dicembre 2017

3' di lettura

In ballo. Anche col rischio di perdere il seggio in Parlamento. C' è tensione tra i big di Forza Italia. Perché Silvio Berlusconi ha chiesto loro un gesto di coraggio. E, insieme, un atto estremo di lealtà. Li vuole tutti i prima linea nei collegi uninominali. A trainare la lista di Forza Italia. «Se non posso metterci la faccia io, allora dovete farlo voi», è stato il discorso fatto dal Cavaliere ai suoi colonnelli. L' ultimo sondaggio di Euromedia Research fa sorridere l' ex premier. «Il centrodestra è al 39,3 per cento», ha annunciato Berlusconi conversando al telefono con Matteo Salvini. I due si vedranno prima di Natale. Ci sarà anche Giorgia Meloni. Sono gli stessi numeri divulgati ieri sera a Porta a Porta. E delineano una tendenza. Con un polo, il loro, che cresce e stacca nettamente gli altri due. «Ma non basta», fa i conti il Cav. «Le elezioni si vincono nei collegi uninominali». Raggiungere quota 40 nel riparto proporzionale non garantisce la maggioranza alla Camera. Il centrodestra deve accaparrarsi anche il 70% dei collegi uninominali. Per questo Silvio ha mobilitato i suoi dirigenti più in vista. È una missione difficile, ha riflettuto il Cav, «ma non impossibile». Soprattutto se il centrodestra fa leva sulle difficoltà e sulle divisioni altrui. L' ex premier ha fatto l' esempio delle Regioni rosse. All' indomani del lancio di "Liberi e uguali" si possono aprire nuove prospettive anche lì. Specie se il contenitore di Pietro Grasso e il Pd di Matteo Renzi finiranno per pestarsi i piedi a vicenda dividendosi i voti della sinistra. Quanto ai Cinquestelle, secondo le stime fatte ad Arcore, i grillini sono competitivi nel riparto proporzionale, ma al momento gli unici due collegi uninominali certi sono quelli di Roma Sud (Pomezia-Ostia) e Civitavecchia. Un risultato di sostanziale equilibrio tra i tre poli restituirebbe un quadro incerto e ingovernabile. In un dossier preparato dal Servizio Studi di Montecitorio si simula il funzionamento del Rosatellum prendendo come riferimento i risultati elettorali del 2013, che delinearono un quadro tripolare perfettamente in equilibrio. Ebbene, i tecnici della Camera mettono in guardia: con il Rosatellum, nel 2013, sarebbe stato il caos e l' ingovernabilità. Nessuna coalizione avrebbe prevalso. Neanche il governo dell' inciucio avrebbe visto mai la luce: la somma dei deputati Pdl, Pd e montiani si sarebbe fermata a 247 seggi, rispetto ai 316 necessari per formare una maggioranza a Montecitorio. Il pareggio stavolta non serve a nessuno. Il premio di maggioranza che aveva "artificialmente" offerto a una coalizione bipartisan i numeri per governare nel 2013 non c' è più, è stato dichiarato incostituzionale. I poli ce la devono fare con le proprie forze. E con i propri voti. Per prevalere il centrodestra deve essere davvero largo. E il Cav si è fatto promettere dagli alleati che, caduta la pregiudiziale su Angelino Alfano (ritiratosi), non porranno altri veti su nuovi ingressi e ritorni di fiamma. L' ultimo sondaggio di Euromedia, la società di Alessandra Ghisleri, dà la quarta gamba al 3%. A patto che contenga tutte le aree, sia quella scudocrociata sia quella laica. Se invece iniziano a dividersi, restano fuori dalla spartizione dei seggi e li regalano ai partiti più grandi della coalizione. Su questo il nuovo sistema elettorale, il Rosatellum, è avaro con i cespugli. L' addio del ministro degli Esteri può favorire la ricomposizione. O forse no. Perché lascia un partito allo sbando. Lunedì c' è la direzione. Si parla di eleggere un successore. In pole ci sono Lorenzin e Lupi, portatori di due linee politiche inconciliabili, e Parisi, che si è già sfilato in passato, respingendo l' offerta di diventare leader del centro alfaniano. In realtà è più probabile che ognuno vada per conto suo. Lupi, Casero, Formigoni sono i lombardi che spingono per un ritorno nel centrodestra. Lorenzin, Cicchitto, Pizzolante, i dirigenti che vogliono l' accordo col Pd, a maggior ragione adesso che è saltata l' alleanza a sinistra con Pisapia. Berlusconi dice di aver apprezzato il ritiro annunciato da Alfano, che non si candiderà alle prossime elezioni politiche. Alla fine la considera come la resa dell' ennesimo delfino che ha provato a fare carriera uscendo dalla sua ombra. Schiantandosi. di Salvatore Dama

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