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Giorgia Meloni, ritorno di fiamma degli ex An: chi bussa alla sua porta ora. C'è odore di Gianfranco Fini

Cristina Agostini
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Dove c'è una Fiamma - per gli ex An e non solo - «c'è casa». A maggior ragione se rappresenta, proprio in questo frangente, anche il "voto utile" per chi non ha intenzione di salire sul Carroccio nazionale ma reputa Matteo Salvini l'alleato naturale da convincere per portare il destra-centro al governo dopo la parentesi giallo-verde. Quale occasione migliore, allora, per concretizzare il «presente» all'appello lanciato da Giorgia Meloni ad Atreju se non un sostegno concreto alla sfida delle sfide: quella delle Europee, sbarramento incluso, di domenica prossima? Complici anche le rilevazioni che danno Fratelli d'Italia unico partito oltre alla Lega stabilmente in crescita, i tanti ritorni di fiamma - dopo anni di divisioni e di diaspora sorti dopo l' implosione del Pdl - contribuiscono ad alimentare di settimana in settimana le quotazioni e la centralità acquisita dal movimento fondato dall' ex ministro della Gioventù. Gli ultimi della serie a pronunciare «ci sono» - nella forma del patto federativo o come appoggio propedeutico alla campagna elettorale - sono stati Sergio Pirozzi, Elena Donazzan e Roberto Menia. Tre esponenti che allungano la lista dei post-missini - da Francesco Storace ad Andrea Augello - che hanno già aderito al cantiere sovranista e conservatore con cui FdI ha confermato ciò che ha promesso nella sua kermesse, ossia la volontà «di mettere a disposizione» la propria casa politica «per farne la casa di chi in Italia condivide queste idee». Leggi anche: "Subito guerra agli scafisti". Dopo Sea Watch, Giorgia Meloni a valanga: "L'unica soluzione" Riprendere la strada di casa per lo "scarpone" di Amatrice, l' ex sindaco che ha affrontato con piglio e orgoglio l' emergenza in uno dei luoghi simbolo del terremoto nel Centro Italia, sancisce una pax importante dopo la lotta fratricida che nel 2018 ha determinato la vittoria di Nicola Zingaretti nel Lazio, favorita appunto dalla rottura fra Pirozzi e il centrodestra (tramutatasi in due candidature: la sua e quella di Stefano Parisi). «Ci sono stati degli errori e da parte mia ho fatto sicuramente una stupidaggine. Adesso però sono felice di essere tornato nella destra sociale dove ho sempre militato», ha spiegato il consigliere regionale laziale che porta in dote a FdI il suo movimento civico. Un ritorno, questo di Pirozzi, presentato ufficialmente da Meloni in un luogo particolare: quel Friuli Venezia-Giulia simbolo della buona ricostruzione dopo il terribile sisma del '76. Scenario perfetto quindi per affidare all' ex sindaco di Amatrice - assai critico con il governo sul tema del post-sisma - un incarico significativo: quello di responsabile emergenze e grandi rischi di FdI. Una «scelta di cuore», legata all' agoghé nel Fronte della Gioventù a fianco di Giorgia Meloni, ma anche «di prospettiva» è quella di Elena Donazzan, figura di peso della destra veneta e assessore al Lavoro della giunta Zaia. Da tempo in rotta con Forza Italia, Donazzan pochi giorni fa ha ufficializzato il suo appoggio a FdI in quanto «forza politica matura» che in Europa «ha intenzione di sostenere le mie stesse battaglie sui temi economici». Non solo: l' indicazione di voto dell' assessore col cuore a destra - che arriva dopo un altro ingresso importante in FdI avvenuto quest' inverno, con l' ex capogruppo azzurro in Regione Giorgetti - è stata declinata anche come un auspicio per il nuovo esecutivo composto «da un' alleanza naturale», ricalcata proprio sul modello produttivista veneto: con questo ticket - che è il plot narrativo della campagna della Meloni al Nord -, ne è certa, «FdI e Lega assieme possono rappresentare il vero cambiamento». Di vero e proprio disgelo - dopo tante tensioni che sono sfociate in fuoriscite da FdI e in appendici polemiche all' interno della Fondazione An - si può parlare infine riguardo al Movimento nazionale per la Sovranità, la creatura fondata da Gianni Alemanno e, dopo il suo passo indietro deciso a seguito della condanna in primo grado, affidata oggi all' ex sottosegretario Roberto Menia. Il risultato? Tre candidature nelle liste aperte di FdI (due delle quali, Antonio Tisci e Francesco "Ciccio" Rizzo, appartenenti alla "generazione Atreju") per portare il proprio mattone nella «casa comune». «È bello e necessario che tutta la destra diffusa cominci a ritrovarsi di nuovo per connotare tutta la coalizione col proprio filone tricolore», ha spiegato Menia, salutando il contenitore inclusivo lanciato da Meloni come la prova riuscita di ciò che invece, a suo avviso, non ha voluto fare la Lega di Salvini. Tre ritorni di fiamma, dunque, alla vigilia di un appuntamento cruciale «al quale si uniscono agli "infiammati" da Giorgia», provenienti da altri lidi. «I moderati come Raffaele Fitto e tanti altri che si sono uniti al grande progetto sovranista e conservatore che ha in mente Giorgia», assicura ancora chi in FdI segue tutti i dossier. Già, dopo aver «messo in sicurezza la destra», come ripete spesso la leader ricordando le tappe che hanno accompagnato la separazione dal Pdl e la complessa costruzione di un partito chiamato ad ereditare la funzione di An, l' ingresso nella Terza Repubblica per i nipoti di Almirante si caratterizza adesso per una responsabilità ulteriore: dover sostenere sulla futura "seconda gamba" non solo il peso della tradizione missina ma anche il blocco della destra liberale che per anni ha votato Forza Italia, con l' obiettivo di dare alla Lega un' alternativa immediata per comporre un esecutivo «realmente sovranista». Alcuni azzurri sono già dentro (come Stefano Maullu), altri (ad esempio il bravo sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli) sono dati in forte avvicinamento. Da altri ancora, Giovanni Toti su tutti, si attendono risposte certe già il 27 maggio. di Antonio Rapisarda

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