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Toto-ministri, il nodo dell'Economia: Renzi sceglierà tra Barca, Reichlin e Bernabè

Renzi e il Pd vuole un "politico", Colle e Ue preferirebbero un tecnico. Ecco chi è in lizza
di Giulio Bucchi domenica 23 febbraio 2014

Fabrizio Barca

2' di lettura

Comunque vada sarà un insuccesso. Anzi, un comunista. Il nodo per Matteo Renzi è sempre quello: l'Economia. Nel rebus del toto-ministri la tessera che potrebbe risolvere tutto, la chiave di volta dell'ardita costruzione governativa è la poltrona di via XX Settembre. Criteri di scelta: deve piacere a Giorgio Napolitano e, di riflesso, a Bance centrale europea e Unione europea. Lo ha chiarito il Quirinale stesso, suggerendo nomi che non rompano con gli impegni presi dagli ultimi governi con i vertici europei. Rottura, sì, ma fino a un certo punto. Seconda condizione, posta dal Pd: deve essere un "politico", non un tecnico. E deve garantire appunto quella "discontinuità" di cui però diffida un po' il Colle. Come fare? Il nome buono e sempre più quotato nelle ultime ore è quello di Fabrizio Barca, ex ministro della Coesione territoriale con Mario Monti. Gradito a Napolitano, gradito all'ala sinistra dei democratici (era anche in predicato di diventare segretario del partito, subito dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani), gradito pure all'alta finanza (dal comitato L'Italia c'è all'editore-direttore di MilanoFinanza Paolo Panerai). Avrebbe sorpassato in extremis un altro nome che piace sia a Mario Draghi e Francoforte sia al partito, Lucrezia Reichlin. Ma Renzi potrebbe pescare altri nomi dal cilindro, anzi dal calderone degli ex Pds-Ds: tra i candidati tirati in ballo tra domenica e lunedì ci sono Piero Fassino, ex segretario Ds e sindaco di Torino, l'ex ministro degli Affari regionali Franco Bassanini (il papà della disastrosa riforma del Titolo V), l'esponente dell'ala liberal Pd Enrico Morando ("Ringrazio per la stima, ma non ne so nulla"), quello uscente allo stesso dicastero Graziano Delrio, l'uomo più fidato di Renzi nel governo appena sfiduciato. E ancora Ignazio Visco, Lorenzo Bini Smaghi e Romano Prodi, fino al pressing che sta continuando su Enrico Letta, scelta che potrebbe rimettere assieme i cocci del Pd ma che non fa i conti con l'amarezza provata dall'ex premier: difficilissimo, anzi impossibile che Letta scelga di risolvere i problemi a chi lo ha accoltellato. Se proprio non dovesse essere un politico o un tecnico, ecco Franco Berbabè, presidente dimissionario di Telecom Italia, assai vicino alla sinistra e tra i massimi esperti di poltrone.

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