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Matteo Salvini, Renato Farina: perché gli conviene mostrare più umanità

di Davide Locano domenica 22 luglio 2018

4' di lettura

La fotografia del bambino morto accanto alla mamma, su un canotto sgonfio, ce l’avete in mente? Si vede una piccola forma scura tra i rottami, intorno il blu del mare. La commozione non è obbligatoria per dovere. Accade. Non è un bottone che si schiaccia a seconda delle opinioni politiche o delle strategie. Coincide con l’umanità. Guai a chi si impanca a maestro, quasi abbia l’animo più grande e più capace di soffrire per gli innocenti. Per questo mi ripugna Roberto Saviano e una frotta di epigoni del clero o meno che, siccome sono contro la politica di chiusura dei porti del governo italiano, si sentono i soli autorizzati a prendere le difese di quel piccino e a scagliarlo contro «il ministro della malavita» Matteo Salvini. Ma che ne sanno? Escludo che il ministro dell’interno non abbia avuto una crepa al cuore. Non è una opinione, ne sono sicuro, ho imparato a conoscerlo. E allora perché si mette sul loro stesso piano? Perché rispedisce quel corpicino inerme addosso a chi invece predica una politica contraria alla sua? Io penso ci si debba fermare un attimo, dar più peso alla realtà di un sorriso appassito rispetto alla rivendicazione di una qualsivoglia strategia. Lo so, Churchill non sarebbe d’accordo. Se si combatte una guerra, vanno bene anche gli spietati bombardamenti su Lubecca e su Amburgo, Dio riconoscerà i suoi. Ci sono prezzi tremendi di vittime innocenti - come ha detto Putin alla televisione americana l’altro ieri - quando si combatte il terrorismo in Siria. E questo vale anche nella lotta contro i negrieri. Se gli blocchi i porti, se fai capire che nel fossato ci sono i coccodrilli - per parlare un linguaggio medievale - chi ci salta dentro, colpa sua. E poi eviterà questo suicidio. Leggi anche: Da premier ad Arlecchino: Renato Farina smonta Giuseppe Conte LA PARTE DEL CATTIVO D’accordo. E allora, quel bambino? Io imputo a Salvini: di accettare la parte del cattivo, di rifiutare - e ci mancherebbe - la parte di colui che gode per gli annegamenti dei bambini, ma che non cerca di trovare il modo per evitare il danno collaterale di questi morticini, in nome della salvezza di tanti altri che non sono più esposti al rischio di naufragio. Lo so molto bene che non esisterebbe quella salma di quindici chili scarsi se sua madre e suo padre fossero stati meno incoscienti, e non fossero saliti sul gommone. Va bene, parliamo male della madre, anch’essa naufragata e raccolta come un pesce in putrefazione. Ma lui che c’entra? Sarebbe un delitto, che ne so?, sorvolare con un idrovolante, per calare una fune? Certo, i migranti sono gli ostaggi degli schiavisti. E la nostra guerra contro l’immigrazione clandestina è diretta contro di loro, non certo contro chi essi prendono sotto la loro custodia. Ma io dico: questa morte deve insegnarci qualcosa. 1) Bisogna evitare le partenze. 2) Queste si scoraggiano comunicando in Africa sub-sahariana che non ci sono porti di approdo in Europa e che nessuno ti soccorrerà in mare. Ma non si tiene conto delle condizioni inumane di chi in Libia è già arrivato, ed è pronto anche a rischiare la pelle, pur di non sopportare condizioni sub-umane, violenza alle proprie donne, percosse ai bambini. Oggi il rischio (2108) di finire sepolti in mare è di circa il 3 per cento. Se passi da 200mila a 50mila arrivi, hai salvato 4.500 africani dalla morte. 3) C’è un rimedio più radicale, persino del blocco dei porti libici. La liberazione di quei prigionieri dei lager di scafisti i cui capi sono conosciuti dalla intelligence italiana, e speriamo solo che non li abbia pagati. Occorre combinare con chi comanda nelle varie zone libiche la liberazione degli schiavi. TRA LE BRACCIA La dottoressa Scaccabarozzi ha per prima ha esaminato - vorrei dire: tenuto tra le braccia - il cadavere senza nome, dice che avrà avuto circa quattro anni ed era morto da pochissimo, per ipotermia: le acque davanti alla Libia sono fredde, se imbevono i panni se stai aggrappato a un rottame. Ho pensato: come nel film Titanic. Ma non è un film. Mi dico allora: perché Matteo Salvini non corre a prendere tra le braccia quel corpicino? Poi potrebbe ripetere le stesse identiche tesi, che nel mio piccolo condivido: e che cioè se dalla costa della Tripolitania non partono i barconi, nessuno morirebbe più. Esiste però anche una questione educativa. Il mio consiglio non richiesto a Salvini è di non ostentare neppure l’apparenza di cinismo, di non apparire crudele. Un conto se mostra il volto truce al nemico. Un altro è di seminare anche presso i ragazzi che la pietà è peggio di un lusso, ma è un’ipocrisia. di Renato Farina

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