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Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni: perché il partito unico non si farà

di Giulio Bucchi domenica 2 settembre 2018

3' di lettura

Domenica sera, dal Berghem Fest di Alzano, Matteo Salvini spegne le indiscrezioni delle ultime ore: "Non ci sarà nuovo partito. ​Il nome Lega non si tocca. Non facciamo politica in base ai soldi e alle sentenze". Di seguito, il retroscena del direttore di Libero Pietro Senaldi sul "partito unico del centrodestra". L' allarme lanciato dal numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti («se i giudici confermano il sequestro dei 49 milioni alla Lega, chiudiamo baracca»), ha dato la stura ai retroscena più fantasiosi sul futuro del centrodestra. La tesi più accreditata è che Salvini avrebbe in animo un predellino leghista: tutti dentro in un unico partito che comprenda anche Forza Italia e Fratelli d' Italia. Già impazza il totonomi per la nuova creatura. Siamo spiacenti di annunciare che il gioco di fine estate è una burla. Un partito unico del centrodestra in questo momento non lo vuole e non conviene a nessuno. L' unico che spinge è il governatore ligure Toti, già teorico della «astensione benevola» degli azzurri verso il governo M5S-Lega, ma lo fa semplicemente come tifoso. Per la verità, che nello schieramento ci siano lavori in corso è innegabile, ma al momento non vanno in una direzione unitaria. Salvini aveva già in animo di cambiare nuovamente pelle alla Lega, ma dopo le Europee del 2019, possibilmente all' indomani di un successo elettorale che lo vedesse superare di 25-30 punti i partiti cugini e di qualche incollatura i compagni di governo di M5S. Calderoli qualche mese fa ha messo giù una bozza del progetto del nuovo partito, la vicenda del sequestro dei soldi potrebbe accelerarne i tempi, però la strategia del leader leghista resta quella di rivolgersi agli elettori di Fi e Fdi direttamente, senza intermediazioni con i leader, come invece auspicherebbe l' eterno mediatore, Giorgetti. Pure chi conta in Forza Italia non pensa affatto al partito unico, contenitore nel quale rischierebbe di sparire. Berlusconi teme che sarebbe interpretato da molti parlamentari azzurri come un rompete le righe e che più d' uno sarebbe pronto al regicidio. Tajani è appena arrivato e certo non vuol farsi sfilare l' osso senza nemmeno aver avuto il tempo di addentarlo. Avanti quindi con la linea intrapresa a inizio estate: opposizione non benevola, con attacchi frontali a Cinquestelle e appelli alla Lega ad aprire gli occhi nei confronti dell' alleato e prospettive di collaborazione nazionale solo qualora Salvini scaricasse Di Maio. Quanto a Fratelli d' Italia, la Meloni è alla ricerca di interlocutori, ma per trattare con la Lega da una posizione di maggior forza e non per consegnarsi a essa. Certo, il processo alla Lega sui soldi è l' ennesima intromissione della magistratura nella politica, ma in ogni caso non scombinerà più di tanto i piani dei protagonisti. Finché il governo va avanti e fino alle Europee, ognun per sé, perché la storia insegna che nelle urne l' unione di più forze fa la debolezza di tutte. Poi arriverà il momento dei calcoli ma non sarà preceduto da manovre di corridoio e forzature di segreteria. La strategia comune è lasciare che le cose si assestino da sé e il partito unico, al massimo, diventi la sintesi di un percorso compiuto e non un punto di ripartenza. di Pietro Senaldi

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