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Giorgio Napolitano, la class action contro il presidente emerito: oltre mille denunce in un giorno

di Andrea Tempestini domenica 22 ottobre 2017

2' di lettura

Denuncia di massa (class action), contro Giorgio Napolitano, per «usurpazione di potere politico». Il nome dell' ex presidente della Repubblica compare al centro degli esposti già presentati alle Procure di Roma e Cassino (e progressivamente nelle altre Procure), contro i «governi tecnici abusivi che provocano sfiducia verso la politica». Ben 1.080 tra imprenditori, pensionati, dipendenti pubblici e semplici cittadini hanno sottoscritto l' esposto (tramite Marco Mori), per chiedere di valutare l' eventuale usurpazione - secondo quanto prevede l' articolo 287 del Codice di procedura penale - e di valutare l' eventuale «Intelligenza con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano» (articolo 243 Cpp). Nel mirino finiscono anche , oltre all' ex inquilino del Quirinale, gli ultimi quattro presidenti del Consiglio: dall' attuale premier Paolo Gentiloni ai predecessori Matteo Renzi, Enrico Letta e Mario Monti, dai vari parlamentari che li hanno sostenuti. L' iniziativa giudiziaria è stata annunciata - in una conferenza stampa - dall' imprenditore frusinate Niki Dragonetti. L'imprenditore del basso Lazio si dice stanco come cittadino di subire «dalla classe politica denigrazioni e vessazioni», e nel recente passato Dragonetti aveva infatti denunciato anche il presidente della Camera Laura Boldrini (per «attentato alla Costituzione», denuncia archiviata per infondatezza). Questa volta se la prende con Napolitano perché è convinto che «la nomina degli ultimi presidenti del Consiglio, imposta dagli stranieri, abbia segnato la fine dell' Italia quale nazione sovrana e indipendente». E che la nostra sovranità abbia ceduto il passo «al regime violento dell' Europa dei mercati e della finanza». In sintesi, l' Italia avrebbe «perso radicalmente la sua indipendenza», un «fatto inaccettabile» perché «governo e Parlamento continuano a non muovere un dito per riscattare la sovranità e riconsegnarla al popolo». La parola passa ora alla magistratura cui spetta verificare se la questione abbia o no una sua rilevanza penale. «In questi anni», ha detto Dragonetti, «ci hanno vietato di votare. Non possiamo sempre subire. I cittadini vogliono tornare a essere una componente essenziale per la scelta del governo italiano e non una parte passiva e senza diritto alcuno. In uno Stato democratico la sovranità appartiene al popolo e non può essere ceduta a terzi».

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