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Riforma del Senato tra le minacce Pd e le accuse di Mauro. E Casini sogna il Quirinale...

di Giulio Bucchi domenica 15 giugno 2014

2' di lettura

Minacce e ricatti: la riforma del Senato sta prendendo una brutta piega, Matteo Renzi lo sa e passa al gioco duro. Ci sarebbe lo zampino del premier dietro la sostituzione in Commissione Affari istituzionali di Palazzo Madama del popolare Mario Mauro. Un "colpo di mano" che si legherebbe alla volontà del governo di accelerare, di uscire dalla palude. Mauro è uno dei più critici sulla riforma, la sua intesa con gli esponenti di Forza Italia e pure con qualche dissidente Pd (Corradino Mineo, Vannino Chiti, Walter Tocci) è pericolosa e già lo scorso maggio un suo voto a favore di un ordine del giorno del leghista Calderoli provocò un pasticcio diplomatico nella maggioranza. Toglierlo di mezzo è un segnale lanciato da Renzi, cui si aggiunge la dichiarazione del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi su Mineo: "Valuterà il gruppo del Pd e il capogruppo se confermarlo o meno, ma c'è un tema fondamentale, quello della compattezza del gruppo". Via i ribelli, dunque. Anche perché l'esecutivo, di fronte a una palude in Commissione, sarebbe pronto a forzare il rito parlamentare e portare il proprio disegno di legge sul nuovo Senato direttamente in Aula, per farlo votare senza mediazioni.  Il ruolo di Casini - Mauro, subito dopo la propria sostituzione nel gruppo dei Popolari, è stato durissimo. Ha minacciato le proprie dimissioni dal gruppo (che senza di lui scenderebbe a 9 senatori, non avendo più diritto a rappresentanti in Commissione) e soprattutto ha attaccato frontalmente l'alleato (o ex?) Pier Ferdinando Casini: "E' il Dudù di Renzi", ha sibilato l'ex ministro della Difesa, "Matteo ha ordinato e Pier Ferdinando ha eseguito". Perché l'ex segretario dell'Udc avrebbe accettato di spianare la strada a Renzi? Improbabile l'idea di un do ut des in vista di eventuali alleanze elettorali. L'orizzonte dei moderati sembra comunque quello di un ricongiungimento nel centrodestra. Resterebbe, dicono i maligni, la pista personale: tra dicembre 2014 e giugno 2015, secondo i beninformati, arriveranno le dimissioni di Giorgio Napolitano e si riapriranno le danze per il suo successore al Quirinale. "Casini sa che ci sono scadenze importanti - ha commentato sibillino Paolo Naccarato di Ncd, come spiega Repubblica -, e nella vita non si sa mai...". 

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