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Napolitano, la lettera ai leader dei partiti prima della rielezione

Il 15 aprile Re Giorgio spedì una missiva a Bersani, Berlusconi e Monti. "La mia rielezione? Una mossa di comodo. Nel caso, resto poco". Però intanto...
di Roberto Procaccini domenica 5 gennaio 2014

2' di lettura

Monarca per volontà altrui, ci sono i documunenti che lo dimostrano. Se il 20 aprile 2013 Giorgio Napolitano si è trovato, primo nella storia della Repubblica Italiana, ad essere eletto per la seconda volta al Quirinale, non è stata per una sua pretesa personale, ma per la debolezza dei leader politici del Belpaese. A sostegno di questa tesi, più volte ribadita dagli ambienti vicini all'ex migliorista, il Corriere della Sera pubblica una lettera che lo stesso Napolitano ha inviato a Pierluigi Bersani, Angelino Alfano e Mario Monti lo scorso 15 aprile, ovvero tre giorni prima dell'inizio delle votazioni. Cinque paginette (accompagnate da una seconda missiva all'allora segretario Pd, poi utilizzata come circolare interna per i parlamentari democratici) nelle quali Giorgio spiega di non avere nessuna premura di rimanere in carica. E che l'inquilino del Quirinale oggi rivendica come certificato della propria buona fede. La lettera - "La mia rielezione sarebbe una soluzione di comodo, non una soluzione, e darebbe dimostrazione di impotenza politica". E' questo il tenore della lettera che Napolitano aveva rivolto ai segretari dei due partiti che di lì a poco avrebbero costituito la spina dorsale delle Larghe Intese e all'ex premier. Vale a dire: cercatevi un altro presidente, io a coprirvi le spalle non rimango. Ma, è la ricostruzione offerta da Marzio Breda per il Corsera, la risposta ricevuta dal trittico Bersani-Alfano-Monti non è stata sulla stessa lunghezza d'onde del messaggio di Napolitano: il primo era troppo preoccupato dalla tenuta del proprio partito per potersi permettere di andare alla ricerca di un nuovo nome (e s'è visto come è andata con Marini e Prodi), il secondo aveva come priorità le sorti del suo presidente (Silvio Berlusconi) e il terzo, entrato per il rotto della cuffia in Parlamento, aveva poca voce in capitolo. E quindi è finita con la rielezione di Giorgio (nel frattempo diventato re) al Quirinale. Ma non dite che l'ha voluto lui, è il refrain. Gliel'hanno chiesto, e pure in ginocchio. Napolitano continua a ribadire che il suo mandato durerà poco. Intanto, però, è sempre là...

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