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Rosy Bindi pretende le scuse del Pd

di Eliana Giusto domenica 7 giugno 2015

2' di lettura

"Adesso che le urne sono chiuse e che il Pd ha vinto, io pretendo un risarcimento per il linciaggio al quale è stata sottoposta la mia persona". Rosy Bindi, in una intervista al Corriere della Sera, vuole le scuse del Partito democratico che l'ha attaccata sulla questione degli impresentabili: "Pretendo le scuse, pubbliche e formali, per essere stata ingiustamente diffamata, accusata di avere usato un ruolo istituzionale per una lotta interna o, addirittura, per una vendetta dentro il partito. Un'accusa troppo grave, lesiva della mia dignità e di quella della commissione Antimafia, che presiedo". La Bindi rivendica la correttezza e l'onestà con cui lei e la commissione Antimafia hanno agito "applicando le regole in maniera imparziale" e che è in grado "di dimostrare con documenti alla mano". E attacca, ironizzando: "Capisco che per paura di perdere la Campania si sia cercato di buttare discredito sulla mia persona e sull'Antimafia, ma ora il Pd ha vinto e tutti sono invitati a valutare i fatti e a ritirare le offese". Eppoi, continua la Bindi, "io ho sempre fatto battaglie a viso aperto. Tutti conoscevano la situazione di De Luca".  E' furibonda Rosy e non ha alcuna intenzione di fermarsi: "Sia chiaro che avrei preteso le scuse anche se la Campania fosse stata persa. Il nostro lavoro non è stato fatto per decidere chi dovesse vincere o perdere, ma per informare i cittadini". Il Pd "sia più prudente quando asserisce che su De Luca la legge Severino non avrà nessun effetto", perché le verifiche andranno avanti: "Adesso faremo la verifica degli eletti nelle amministrazioni, a cominciare da alcuni Comuni della Calabria. Sarebbe stato meglio farlo prima, ma non c'è stato il tempo. Le leggi elettorali vanno cambiate, le liste andrebbero presentate almeno 15 giorni prima, in modo che ci sia il tempo di fare i controlli". Detto questo, secondo la Bindi, bisogna andare al di là del risultato elettorale che dice che il Pd ha vinto 5 a 2: "Al netto delle liste civiche il Pd torna a quel dato che alcuni considerano lo spettro del 25%, senza averlo raggiunto". Quindi bisogna riflettere sui dati, sulla Liguria - dove c'è stata "una operazione politica che non può essere liquidata attribuendo le responsabilità alle singole persone o stigmatizzando il presunto autolesionismo della sinistra radicale" - e sul Veneto - "dove una cosa è perdere il governatore e un' altra dimezzare i voti". E poi c'è l'astensionismo "che cresce e il fatto che, dove il centrodestra si ricompatta e il centrosinistra si divide, la destra vince". Quindi la soluzione è "tornare all'Ulivo". 

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