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Prodi: "Quelle telefonate con D'Alema e Monti, lì ho detto addio al Quirinale"

Il Professore al Corriere: "Ero in Africa, tutti mi salutavano come presidente. Ma io avevo fatto i miei colloqui... Non voglio più salire al Colle, non sono più al passo"
di Giulio Bucchi domenica 2 febbraio 2014

2' di lettura

La telefonata con Massimo D'Alema, poi quelle con Franco Marini e Mario Monti. Così Romano Prodi scoprì che non sarebbe mai stato eletto presidente della Repubblica. Il Professore ricorda con Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera, le concitate ore che precedettero il voto in Parlamento per eleggere il successore (mancato) di Giorgio Napolitano. Il Pd aveva appeno silurato Marini e proposto, dopo una riunione caotica quanto drammatica, proprio il nome di Prodi per il Quirinale. Nessuno sapeva, in quel momento, che i franchi tiratori si sarebbero presto rimessi all'opera. Prodi: "Pollice verso... per me" - "Fu anche divertente - ricorda Prodi a Cazzullo -. Ero in riunione a Bamako, in Mali. C'era un’atmosfera distesa. France Presse scriveva che stavo diventando presidente della Repubblica, tutti i capi di Stato africani mi facevano il pollice alzato. Io rispondevo con il pollice verso, perché sapevo già come sarebbe andata a finire. Avevo fatto le telefonate di dovere. Prima a Marini, poi a D’Alema, che mi disse che certe candidature non si possono fare in modo così improvvisato. Fu allora che chiamai mia moglie Flavia in Italia, per dirle di andare pure alla sua riunione, tanto non sarebbe accaduto nulla. Poi telefonai a Monti, che mi avvisò che non mi avrebbe votato perché ero divisivo. Infine telefonai a Napolitano perché ormai era chiaro come sarebbe andata a finire. Anche se mi aspettavo 60 defezioni, non 120: perché furono più di 101". "Non farò mai il presidente" - Renziani, dalemiani, montiani. Nemici sparsi un po' in tutte le pieghe del centrosinistra. E quella dell'aprile scorso è stata, a quanto riferisce Prodi, l'ultima opportunità per salire al Colle. Perché il Mortadella non vuole fare più il presidente: "Mi pare di averlo già chiarito in più di un'occasione. Il Paese è cambiato. C'è un nuovo mondo. Occorrono persone nuove che lo interpretino. La nuova politica, per linguaggio, contenuto, velocità, supera la mia capacità di comprensione. Non sono un uomo 2.0".  

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