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Berlusconi, telefonate a Pd e Quirinale: "Voglio solo il diritto a difendermi"

Dopo i tuoni e i fulmini delle ultime settimane, il momento del dialogo
di Giulio Bucchi domenica 8 settembre 2013

2' di lettura

Ad Arcore sono i giorni delle colombe. Dopo i tuoni e fulmini delle scorse settimane, Silvio Berlusconi avrebbe intrapreso di nuovo la strada del dialogo con Giorgio Napolitano e Partito democratico. L'inizio dei lavori della Giunta che al Senato dovrà decidere sulla sua decadenza (si parte domani, lunedì 9 settembre, alle 15.30 con la relazione di Andrea Augello, Pdl) consiglia al Cavaliere di ammorbidire i toni e trovare una via d'uscita più percorribile del muro contro muro. "L'unica cosa che ho in mente è una grande battaglia libertaria. Al Pd chiedo solo che mi sia consentito nella giunta quel diritto di difesa che è stato concesso in passato a tutti. Vorrei essere trattato come un cittadino normale". Questo, secondo Tommaso Labate sul Corriere della Sera il messaggio affidato da Berlusconi ai suoi pontieri. In realtà, sarebbe stato l'ex premier in persona a prendere contatti con autorevoli esponenti del centrosinistra e presso il Quirinale per trovare un'intesa. Non tanto sui contenuti (il Pd difficilmente voterà no alla decadenza) quanto su forma e tempi. Tra Senato e Tribunale - Ecco, i tempi sono tutti. Il Pdl li vuole allungare il più possibile, anche perché per una volta Berlusconi ha più fiducia nella magistratura che nella politica. L'obiettivo è quello di far slittare il voto in Giunta a ottobre, confidando che il Tribunale d'Appello di Milano decida sulla sua interdizione sul processo Mediaset (che la Cassazione ha rinviato) e sperando in una condanna soft a un solo anno, Arrivare al voto in Giunta con questo verdetto potrebbe ammorbidire le posizioni. Viceversa se il voto di decadenza arrivasse già a settembre, prima della sentenza d'Appello, il timore dello staff del Cavaliere è che anche i giudici possano calcare la mano. Il ricorso a Strasburgo - C'è poi la seconda carta da giocare per prolungare la discussione. Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo depositato sabato in Giunta. "Difficilissimo" che venga accolto a Strasburgo, hanno avvertito i legali di Berlsconi, ma è una strada: perché se solo i giudici accoglieranno le critiche alla legge Severino, indipendentemente da come poi si esprimeranno (serviranno mesi, se non anni) la questione avrà ripercussioni anche nella commissione del Senato italiano. Favorevoli, assicurano ambienti vicini al Pdl. Non a caso, il vicepremier Angelino Alfano, segretario azzurro, sottolinea proprio questo aspetto: "Il ricorso alla Corte europea sta a dimostrare che il caso Berlusconi non è chiuso. Siamo convinti che ci siano tante ragioni per essere fiduciosi. Speriamo nell'Europa per l'attestazione dell'innocenza di Berlusconi". C'è infine l'ultimo capitolo, quello della grazia. Impossibile convincere il presidente Napolitano a concedere una "indulgenza plenaria". Più facile, invece, ottenere una commutazione della pena definitiva in pena pecuniaria. Una mossa di questo tipo, confidano nel Pdl, avrebbe ripercussioni dirette anche sulla pena accessoria dell'intercizione.

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